L’Ordine dei Medici avverte: «L’esposizione radiologica deve essere giustificata»

Corso di aggiornamento promosso a Sassari. La prima regola rimane “non nuocere”

Sassari. «L’esposizione radiologica deve essere sempre giustificata, altrimenti è vietata per legge». Anche l’obbligo di aggiornamento per gli operatori sanitari è regolato dalla normativa. Lo ha ricordato in apertura del corso di aggiornamento “Aggiornamenti in Radioprotezione” Lucia Anna Mameli, tesoriere dell’Ordine dei medici di Sassari.

L’ecm si è svolto nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna, in via Carlo Alberto. Daniela Soro, responsabile scientifico, ha rimarcato che in medicina la prima regola è quella di «non nuocere e in questo ci viene in aiuto la tecnologia».

Il partecipato incontro di aggiornamento è stato diviso in due sessioni, la prima è stata moderata da Paolo Pintore che ha illustrato i principi generali.

È quindi seguita la relazione storica di Luca Simbula e di come Thomas Edison usasse il suo collaboratore come una vera e propria cavia da laboratorio, tanto che le esposizioni alle radiazioni lo portarono alla morte. Lo stesso studioso riportò gravi conseguenze agli occhi. ½Ancora oggi – ha detto Luca Simbula – si parla poco di effetti collaterali e di radioprotezione per pazienti e sanitari, nonostante l’introduzione di norme specifiche. È sempre bene tenere nel debito conto comunque i vantaggi diagnostici rispetto agli eventuali danni».

L’intervento di Francesco Serra ha quindi chiarito che l’esposizione non giustificata è un reato penale che può essere punito con il carcere fino a tre mesi. Occorre dunque che il radiologo esegua l’esame solo su richiesta dello specialista con il quale ne condivide le responsabilità. Indispensabile, dunque, un consenso informato da parte dell’utente, tenendo conto del fatto che «nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario, se non in presenza di una specifica normativa di interesse generale».

Determinante la compilazione del referto, un argomento trattato da Davide Turilli che ha raccomandato: «Il documento deve essere ordinato e chiaro, deve contenere il quesito clinico, la tecnica di esame impiegata, il rapporto anamnestico e le dosi utilizzate, che variano in base alla tecnologia: più è avanzata e minori saranno le radiazioni».

Maria Antonietta Calvisi ha invece parlato delle “Esposizione in mammografia” e delle diverse tecniche utilizzate per effettuare gli esami. Fondamentali gli screening che riducono del 35 per cento le probabilità di morire di cancro al seno, un fenomeno che non è più solo riferito al sesso femminile. «Il beneficio della diagnosi corretta – ha dichiarato Calvisi – è superiore al rischio di esposizione».

Rossana Bona ha parlato dell’importanza del ruolo del medico fisico, al quale spetta il controllo e la scelta dei macchinari, ma anche il loro corretto uso per limitare al massimo esposizioni su pazienti e operatori. Nelle mammografie, per esempio, si sconsiglia l’utilizzo dei collari, perché il macchinario potrebbe aumentare le dosi se il fascio di radiazioni incontra un ostacolo.

Nella seconda sessione del corso di aggiornamento, nella relazione di Paola Crivelli, si è parlato delle radiazioni su donne e bambini.

Sull’inutilità di esami ripetuti è stato invece posto l’accento da Giovanni De Paula, questo per evitare esposizioni inutili. De Paula ha quindi elencato in quali casi effettuare determinati accertamenti che devono sempre tenere conto dell’indagine più appropriata a seconda della patologia del paziente, ricordando che i medici sono soggetti a quattro gradi di giudizio, oltre ai tre della giurisprudenza anche a quello dell’Ordine professionale.

Infine, Aldo Pischedda ha esposto una relazione sui danni proporzionali all’esposizione non solo dei pazienti, ma anche degli operatori che devono attuare tutte le attenzioni sia sui comportamenti che adottando i dispositivi di protezione previsti, ricordando che riducendo le dosi di mSv (millisievert) sul paziente si riducono anche quelle irradiate agli operatori sanitari. Un esempio su tutti: le radiazioni che vengono irradiate da una tac (tomografia computerizzata) valgono quanto 25 anni di esposizione ambientale.

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