Voci di Donna, dal 3 ottobre al Teatro Verdi

Quattro appuntamenti in prima regionale e una nuova produzione. Ad aprire la rassegna sarà la cantante Patrizia Laquidara, premio Tenco e premio Maria Carta 2019

Patrizia Laquidara

Sassari. Ritorna al teatro Verdi uno degli appuntamenti più attesi dell’autunno sassarese: “Voci di Donna”. La rassegna giunta alla sua 15esima edizione è organizzata dalla cooperativa Teatro e/o Musica con il patrocinio del Comune di Sassari, del Ministero per i beni e le attività culturali (MIBACT), della Regione e della Fondazione di Sardegna.

«Voci di Donna che inaugura anche quest’anno la stagione del Teatro Verdi si colloca in continuità con le proposte culturali programmate dalla nostra associazione sin dalla sua fondazione – dice il direttore artistico di Teatro e/ o Musica Stefano Mancini – con programmi che spaziano dalla musica classica al teatro musicale, dalla world music alla musica etnica, il tutto improntato a proposte di qualità e originalità. In particolare questa rassegna mette in rilievo il talento femminile con spettacoli di artiste dalla consolidata professionalità e astri nascenti, voci femminili del panorama sardo e internazionale».

Il cartellone di quest’anno, per tradizione multidisciplinare offre quattro appuntamenti tutti in prima regionale e una nuova produzione scritta appositamente per la rassegna.

Si parte giovedì 3 ottobre sul palco del Verdi con un ospite molto attesa: Patrizia Laquidara una delle cantanti più apprezzate dalla critica e dal pubblico. Dopo aver ricevuto lo scorso giugno il premio Tenco qualche giorno fa Liquidara ha ritirato il premio Maria Carta. Considerata una delle voci più originali, intense e liriche della nostra musica leggera (già nel 2011 aveva ricevuto la targa Tenco per il miglior album in dialetto) l’artista propone al Verdi “C’è qui qualcosa che ti riguarda” un concerto tra musica e teatro. Laquidara sarà accompagnata da una band composta da: Andrea Santini elettronica, cori, Davide Repete chitarra acustica, elettronica, cori Daniele Santimone chitarra acustica, elettrica, cori, Stefano Dallaporta basso, cori, Nelide Bandello batteria, cori. Lo spettacolo prende il nome dall’ultimo album dell’artista ed è un omaggio alla bellezza, alla forza, alla fragilità, al femminile, un racconto al tempo stesso intimo e universale di chi cade e risorge. Coadiuvata da un gruppo strumentale che passa da un furore elettrofolk, a giocosità post-caraibica Patrizia Laquidara crea atmosfere notturne e sognanti legate alle letture di alcuni testi scritti da lei che rendono il concerto una performance teatrale.

Si prosegue martedì otto ottobre con Gabriella Ghermandi e i musicisti di Atse Tewodros Project che propongono lo spettacolo “Maqeda”, nome etiope della Regina di Saba. Il progetto nasce per mettere in rilievo le figure femminili della storia e mitologia etiope e i tanti rituali di diversi gruppi etnici. Il lavoro mette in evidenza gli stereotipi che ancora ci circondano, da quelli secondo cui i modelli per l’emancipazione della donna possono essere solo quelli occidentali, al cliché coloniale dal quale ancora non ci siamo liberati e per il quale l’occidente è comunque superiore e più sapiente. Assunzione questa che affligge sia i cosiddetti paesi occidentali che quelli definiti in via di sviluppo. L’Etiopia, oltre ad avere la propria storia epica che ha come eroina una donna, la regina di Saba appunto, oggi vede per la prima volta nella storia d’Africa una donna presidente della corte suprema, un’avvocata che ha lottato contro l’usanza dei matrimoni precoci riuscendo a fare assolvere una ragazzina obbligata a sposarsi a 12 anni, che per scappare aveva ucciso il marito. Dei 20 ministri che compongono il Consiglio dell’attuale governo etiope, ben 10 sono donne. Il progetto Maqeda nasce per creare una narrazione differente che metta in evidenza tutto ciò sia per gli occidentali che per i non occidentali, per ricordare che il mondo può trarre insegnamento da molti paesi, e che la ricchezza non è necessariamente sinonimo di sapere e democrazia assoluta. Gabriella Ghermandi insieme ai musicisti di Atse Tewodros Project attraverso il dialogo pongono l’accento sulla necessità di confrontarsi da pari a pari, tra persone che appartengono a culture diverse.

Il terzo appuntamento (giovedì 17 ottobre) ha un titolo che rimanda alla cultura sarda: “Jana”, un nome proprio che in sardo ha anche il significato di ninfa, divinità protettrici di boschi, fiumi e altri luoghi naturali. Scritto da Cosimo Filigheddu e interpretato da Teresa Soro, Marta Pedoni e Stefano Dionisi Jana racconta il declino di una città raccontato dalle sue rovine. Jana, in un percorso tra i luoghi delle rovine tristi e affascinanti del passato di Sassari, tenta di strapparla al suo destino, affermando che la predominanza del maschio e il suo egoismo sono la cifra con la quale leggere la storia della decadenza dell’isola e della città. Il pomeriggio di Jana è arrivato improvvisamente nel giro di un secolo, un battito di ciglia rispetto alle migliaia di anni lungo i quali lei si è aggirata nella natura sarda e nelle opere umane. Non trovando più luoghi in cui la natura intatta le dia la forza di vivere, Jana si è ridotta a vivere in edifici abbandonati e in rovina dove però, proprio perché abbandonati dall’uomo che li ha costruiti, si riforma a poco a poco l’illusione di una armonia con l’ambiente naturale. Sino a un finale sconvolgente e inaspettato dove è messa in discussione ogni apparente certezza. Fonica e luci Marcello Cubeddu, riprese video Eugenio Unida, coordinamento scenico Teresa Soro.

L’ultimo appuntamento di “Voci di donna” è fissato per il 22 ottobre con lo spettacolo di Elena Arvigo “La metafisica della bellezza. Lettere dalle case chiuse”. “Ma che uomini siete che per avere i favori di una donna dovete pagarla?” Questa la frase provocatoria con cui la senatrice Angelina Merlin sfidò i colleghi maschi del parlamento e del governo che non volevano saperne della sua proposta di legge per chiudere le case di tolleranza. Nel febbraio del 1958 la Camera approvò la legge Merlin. «Ai nostalgici che oggi vorrebbero riaprire le “case chiuse”, è bene ricordare che quei luoghi erano veri e propri lager – spiega Arvigo – come documentano le lettere che le signorine delle case scrissero alla senatrice perché, durante l’iter legislativo, non demordesse dai suoi intenti». Le lettere delle prostitute alla senatrice Merlin furono raccolte dalla stessa Merlin e da Carla Barberis (moglie di Sandro Pertini) e la loro autenticità è garantita dagli originali, oggi depositati presso un notaio. A scrivere sono per lo più madri piene di speranza e dignità, piene di stupore e gratitudine per chi sta mostrando interesse verso la loro situazione di “donne perdute”, per chi, come la senatrice Merlin, sta immaginando per loro un futuro diverso e migliore. «Lo spettacolo cerca di definire, anche grazie ad alcune figure artistiche – conclude Arvigo –, la funzione profonda che esercita la puttana rispetto alla nostra idea dell’arte, del denaro e della verità stessa. La verità non è una luce che illumina il mondo con la sua splendida evidenza ma è lo sconvolgimento dell’evidenza. Ciò che consideriamo evidente non lo è affatto».

Tutti gli spettacoli iniziano alle 21. Ingresso ai singoli spettacoli € 10,00, abbonamento per tutta la rassegna € 30,00, abbonamento fedeltà (vecchi abbonati) € 25,00. Per info e prenotazioni, dal lunedì al venerdì 11-13 e 18-20, sabato 11-13: 079-236121.

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