Stagione lirica sassarese, un “Barbiere di Siviglia” rimandato a settembre

Poco brio sul piano musicale e una regia a tratti confusa. Unica nota davvero positiva l’ottimo Don Basilio del giovane Tiziano Rosati

(foto Elisa Casula)

“Il Barbiere di Siviglia” è un vero e proprio gioiello musicale. Ogni suo brano è un capolavoro, sebbene al suo esordio questa sensazione non fu colta pienamente. Con tutta probabilità, al Teatro Argentina di Roma, il 20 febbraio 1816, la contestazione fu ben preparata. Nella ricostruzione cinematografica di Mario Monicelli in “Rossini! Rossini!” (1991) il responsabile è indicato in Domenico Barbaja, interpretato da Giorgio Gaber (candidato nell’occasione al David di Donatello), irritato perché Rossini lo aveva “tradito” per un teatro romano preferito al “suo” San Carlo di Napoli, di cui il mitico impresario lombardo era gestore. Il giusto successo del “Barbiere” arrivò nelle successive repliche, tanto che oggi è una delle opere maggiormente rappresentate al mondo. Nella classifica mondiale dell’autorevole e cliccatissimo sito “Operabase”, considerato la bibbia della lirica, il “Barbiere” è al nono posto, in una graduatoria dominata da Mozart che schiera ben tre titoli, a cominciare dal “Flauto magico”, a cui va il gradino più alto del podio, che comprende “La traviata” (seconda posizione) e “Carmen”. A Sassari il “Barbiere” da sempre riscuote grande successo, è una delle opere più rappresentate. Mancava dal 2017, prima volta al Comunale: quel cast comprendeva, nel ruolo ovviamente di Rosina, il mezzosoprano Cecilia Molinari, oggi star internazionale.

Da sinistra, Marco Solinas (Bartolo), Domenico Balzani (Figaro) e Matteo Falcier (Il conte d’Almaviva) (foto Elisa Casula)

Con queste premesse, ci si aspettava che la nuova versione che ha debuttato venerdì scorso (in replica domenica e martedì) al Teatro Comunale premiasse il grande amore dei sassaresi per il capolavoro rossiniano. E del resto gli elementi per garantire la riuscita di un ingranaggio musicale così sublime si presentavano quasi tutti. Innanzitutto, l’allestimento nuovo di zecca dell’Ente Concerti “Marialisa de Carolis”, omaggio all’artista colombiano Fernando Botero, recentemente scomparso. La scenografia leggera, dai colori pastello, è ispirata agli sfondi dei quadri del pittore. Certo, mancano i caratteristici personaggi sovrappeso e allargati, ma ci sono i costumi ripresi direttamente dalle raffigurazioni di Botero. Il regista venezuelano Victor Garcia Serra ha cercato di rileggere il libretto di Cesare Sterbini, aggiungendo qua e là qualche particolare, a volte esagerando come con la ballerina di flamenco all’inizio e soprattutto alla fine con tanto di nacchere, di cui si poteva benissimo fare a meno. Idee che però non hanno conferito all’allestimento quella leggerezza che caratterizza un’opera buffa come il “Barbiere”. Pochi allora, complice alcuni movimenti in scena in gran parte confusi, i momenti di comicità. Il pubblico ha riso appena un paio di volte. Va citato a questo proposito il camuffamento all’inizio del secondo atto di Lindoro/Conte d’Almaviva diventato Suor Alonsa, maestra di musica, in luogo dell’originale Don Alonso, collaboratore di Don Basilio. Un passaggio che poteva essere però sviluppato meglio: al personaggio girato al femminile non corrispondeva infatti un testo rimasto in gran parte quello originale al maschile, con il parziale sacrificio, tra l’altro, dell’esilarante “Pace e gioia sia con voi”, momento comico garantito dell’opera.

Tiziano Rosati (Basilio) riceve gli applausi del pubblico al termine della rappresentazione di venerdì

Sul palcoscenico, Domenico Balzani, baritono algherese dalla solida carriera (ben 200 rappresentazioni del “Barbiere” come Figaro o Don Bartolo), ha dimostrato tutta la sua padronanza attoriale, da vero mattatore; meno convincente invece sul piano vocale, con una emissione del suono non sempre controllata, spesso pesante, e che nei passaggi più impegnativi è apparsa stanca e priva di grazia. Tutto l’opposto, musicalmente parlando, il Don Basilio del giovane debuttante Tiziano Rosati: bel timbro di basso e ottima presenza scenica, ha strappato, giustamente, gli applausi più convinti, non solo durante l’esecuzione della celeberrima aria “La calunnia è un venticello”, ma anche nei ringraziamenti finali. A lui, in parole povere, il compito di salvare la serata. Matteo Falcier (che nelle scorse settimane al Teatro alla Scala ha proposto un buon Don Basilio nelle “Nozze di Figaro” mozartiane rilette da Giorgio Strehler, un allestimento storico e sempre di grande successo, stavolta con l’orchestra guidata dall’ottimo Andrés Orozco-Estrada) era invece il Conte d’Almaviva, a cui ha dato una bella voce che però, soprattutto nel secondo atto, faceva fatica a imporsi come potenza (abbastanza stranamente per un tenore che nel suo repertorio ha il Verdi migliore del Trovatore). Deludente la Rosina del mezzosoprano Rosa Bove, al debutto proprio in questo ruolo: un’interpretazione affettata, accompagnata da una recitazione a tratti irritante. Pollice in giù per il Don Bartolo di Marco Solinas (baritono): male “A un dottor della mia sorte”, c’è poco da aggiungere. Bene la Berta del soprano sassarese Francesca Pusceddu (al Comunale nel 2022 era Zerlina nel “Don Giovanni” e prima ancora nel 2019 Clorinda nella “Cenerentola” rossiniana) nell’aria “Il vecchiotto cerca moglie”, gradevolmente eseguita, unica per il suo personaggio. Dario Sogos (Fiorello) e Paolo Masala (un ufficiale) completavano il cast. Esilarante la gradita partecipazione in scena di Gavinuccio Ruda, ovvero Ambrogio, il servitore di Bartolo.

Le scene di Paolo Vitale, si diceva, hanno convinto, un po’ meno i costumi di Marco Guion e Allison Quinones. L’assistente alla regia era Siria Colella, il disegno luci curato da Tony Grandi.

Piuttosto spenta e senza verve la direzione di Roberto Gianola, attualmente direttore stabile del nuovissimo Teatro dell’Opera di Smirne (il primo vero teatro lirico costruito in Turchia) e in precedenza a Istanbul, che non ha saputo guidare con il giusto e naturale brio, necessario in Rossini, l’Orchestra dell’Ente Concerti, che a sua volta ha palesato la solita scarsa amalgama tra le sezioni. Il Coro dell’Ente era preparato da Salvatore Rizzu. Da rilevare il suono curiosamente cupo, soprattutto nella parte iniziale del primo atto, dell’orchestra (che anche stavolta è sembrata amplificata).

Tirando le somme, a parte gli applausi dovuti (ma nessuno si è azzardato a chiedere un bis), ci è sembrato un “Barbiere di Siviglia” non riuscito, con l’eccezione del Don Basilio di Tiziano Rosati, unica nota davvero positiva.

Luca Foddai

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