La Sassari del passato nella cripta di Sant’Agostino

Al via uno studio scientifico interdisciplinare sull’ossario del Gremio dei Viandanti. Le interviste video

Sassari. Riscoprire il passato ricorrendo a metodi scientifici per ricostruire la storia di Sassari. Ci sono infatti luoghi ancora poco esplorati che potrebbero riservare sorprese proprio da questo punto di vista. Come si viveva tra il 1600 e i primi del 1800? E come e per quali motivi si moriva? Quanto hanno inciso eventi traumatici come le ricorrenti epidemie di peste, soprattutto nel XVII secolo? La chiesa di Sant’Agostino è uno di questi angoli della città che conservano tesori ignoti ai più. La presenza di una cripta sepolcrale del Gremio dei Viandanti è sempre stata conosciuta. Ma finora veniva considerata niente più che un ossario. Sotto la cappella che ospita il simulacro di Nostra Signora del Buon Cammino, patrona dell’antico sodalizio, sta per prendere il via un importante progetto scientifico di ricerca interdisciplinare e internazionale dedicato a ricerche archeologiche e bioarcheologiche nella cripta. La finalità è infatti costruire un “archivio biologico” del Gremio. Il tutto in un quadro di collaborazione tra Viandanti e Università di Sassari (in particolare le cattedre di Metodologia della Ricerca Archeologica, Archeologia Medioevale e di Archeologia Postmedievale, con i relativi laboratori e il Laboratorio di Bioarcheologia, del Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione), dettagliato in un apposito protocollo già definito. Dello scorso dicembre è l’approvazione da parte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro dell’avvio del lavoro di catalogazione e analisi dei reperti osteologici. Lunedì mattina, nella cappella del Gremio a Sant’Agostino, il progetto di ricerca è stato presentato alla stampa dal professor Marco Milanese, ordinario di archeologia al Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari e responsabile scientifico del progetto, dal soprintendente, l’architetto Bruno Billeci, dall’architetto Mauro Quidacciolu, direttore dell’Ufficio diocesano per il patrimonio ecclesiastico, presenti il parroco padre Piero Pigozzi, il presidente dell’Intergremio Fabio Madau e l’assessora comunale alla Cultura Laura Useri. Ha coordinato il segretario del Gremio, Cristian Zedda.

Le interviste al professor Marco Milanese, all’architetto Bruno Billeci e al segretario del Gremio Cristian Zedda

«Con il progetto di ricerca puntiamo a trasformare quello che adesso è un deposito in un luogo storico – ha spiegato il professor Milanese –. È uno smontaggio pezzo per pezzo di resti di ossa, che andranno catalogate inizialmente dal punto di vista antropologico». Innanzitutto occorrerà calcolarne il numero e non sarà così semplice. Per secoli sono rimaste ammucchiate e sono il risultato di un deposito di giacitura secondaria, ovvero sono state portate qua da sepolture precedenti. Le ossa lunghe e i crani sono ancora in buone condizioni mentre le ossa meno resistenti si teme siano compromesse a causa della forte umidità. La catasta di ossa attualmente visibile nella cripta è il risultato della rimozione operata ai primi del Novecento di numerose sepolture e ossari di cui oggi non si possiedono informazioni. Il materiale sarà catalogato e studiato, infine organizzato in cassette che comporranno il nucleo iniziale dell’archivio biologico del Gremio dei Viandanti.

Il professor Marco Milanese

«Le ossa lunghe e i crani, in particolare, possono costituire indicatori di come vivevano i sassaresi in passato. Ma verrà realizzato anche uno studio macroscopico, per esempio, sull’età di morte, costruendo inoltre una curva delle anomalie, degli stress lavorativi e di tanti altri elementi – ha proseguito il professor Milanese –, che vanno a costruire la storia biologica seicentesca e settecentesca del gruppo professionale dei viandanti. E poi analisi paleonutrizionali, grazie a tracce di eventuali squilibri nell’alimentazione, sotto l’aspetto proteico o vegetale». Un vero e proprio tesoro di informazioni di carattere storico scientifico, riferibile presumibilmente ai decenni tra il 1633 e il 1810, periodo al quale ricondurre le ossa umane della cripta. Dati che possono poi dialogare con quelli presenti nei documenti scritti. «Il progetto serve anche a sviluppare la consapevolezza che le cripte non sono dei luoghi da svuotare come avviene quotidianamente in Italia senza grande rispetto perché si pensa siano prive di importanza. Al contrario, sono occasioni per poter scrivere la storia biologica di una città, di un quartiere. Intendiamo inoltre utilizzare nella documentazione di ogni singolo osso modalità tecnologicamente avanzate. Di ciascun elemento quindi sarà realizzata una documentazione in 3D e del dna. È importante allora ragionare oltre i propri steccati disciplinari, una pratica che bisogna iniziare da giovani, quando la mente può elaborare modelli che diventano poi difficili da modificare dopo molti anni di professione», ha concluso Milanese.

Sono stati invitati come partner scientifici il Centro per gli studi antropologici, paleopatologici e storici dei popoli della Sardegna e del Mediterraneo dell’Università di Sassari, la Faculty of Medicine di Halifax (Canada) e il Deparment of Archeology, History, Cultural Studies and Religion dell’Università di Bergen (Norvegia – accordo in progress). Il progetto sarà operativo tra poco più di un mese.

«Il Ministero – ha aggiunto il soprintendente Bruno Billeci – tutela la storia anche locale, quella che spesso passa in secondo piano rispetto agli eventi più importanti. Queste sono occasioni nelle quali occorre dare il giusto tempo all’osservazione scientifica».

Il filone di analisi e ricostruzione sociologica, economica e archeologica può costituire quindi una nuova frontiera ancora da esplorare. E questo vale per tutti i gremi cittadini, eredi delle corporazioni medievali di arti e mestieri. «Si tratta di una pratica da condividere con l’intera comunità gremiale – ha sottolineato Fabio Madau, presidente dell’Intergremio –. Ogni gremio ha un suo ricco patrimonio, non solo documentale, che aspetta solo di essere valorizzato».

E la chiesa di Sant’Agostino potrebbe riservare ulteriori sorprese, altre sepolture, ancora da individuare. «Qua c’è anche la memoria degli agostiniani, che risale almeno al 1500. È una chiesa che merita di essere conosciuta», ha rivelato il parroco, padre Pigozzi.

Luca Foddai

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