La rivoluzione gentile di Soru: «È ora di dare una spallata più forte»

«Ho dato la mia disponibilità in maniera educata al partito che ho contribuito a fondare e a cui ho dato tanto. Ma ho trovato solo porte chiuse»

Renato Soru

Cagliari. «Perché una “rivoluzione gentile”? È una parola che mi è venuta fuori al termine di un incontro a Ittiri. È un momento nel quale non dobbiamo solo migliorare l’ordinaria amministrazione o cercare di migliorare le cose. È un momento di trasformazione. L’autonomia è in discussione: qualcuno in una segreteria romana pensa di imporci il nome del presidente della Regione. Non abbiamo ancora la legge statutaria. Mancano tante cose. Ecco, dobbiamo rivoluzionare la Sardegna, in maniera gentile e con garbo». Sabato sera Renato Soru ha chiamato a raccolta il suo popolo. Al Teatro Doglio è stato il momento anche di contarsi, insieme a Progressisti, +Europa, Libero, pezzi ormai ex di un “campo largo” (centrosinistra con il M5s) che appena 24 ore aveva ufficializzato la candidatura alla presidenza della Regione di Alessandra Todde, esponente pentastellata ex viceministra allo Sviluppo Economico.

Ma Soru allora si candida alla presidenza della Regione (elezioni probabili all’inizio del marzo prossimo) spaccando il centrosinistra?  In realtà, lui stesso non lo ha dichiarato esplicitamente. «Ho dato la mia disponibilità in maniera educata, cordiale e parlando con i dirigenti del partito che ho contribuito a fondare e a cui ho dato tanto. Ma ho trovato delle porte chiuse, l’impossibilità del dialogo. E dopo avere bussato cento porte – sia mai che rimanga il sospetto che abbiate deciso più di un anno fa (ma io ho la certezza) -, queste sono rimaste straordinariamente chiuse. Ne ho parlato allora in casa e con gli amici, con le persone con cui ho iniziato a condividere questo processo. Che facciamo? Credo sia ora di una spallata più forte». Parole nette insomma, soprattutto contro il suo ormai ex partito, quel Pd che tra l’altro nel 2013 lo portò al Parlamento europeo. «Ebbi l’onore di essere chiamato da Romano Prodi tra le 40 persone che hanno proprio dato vita al partito. C’erano esponenti della società civile, intellettuali, alcuni professori e fui estremamente orgoglioso di essere lì. Per questo ho creduto in quel progetto, alla nascita del Pd che metteva insieme due grandi storie che hanno portato alla liberazione degli oppressi e dall’esclusione. E ho consegnato al Pd quello che avevo fatto in politica, un movimento che mi aveva sostenuto, ma anche passione, competenze, insomma, la mia partecipazione politica. Oggi posso dire che questo mio desiderio di partecipazione sia stato calpestato. E me lo riprendo, me lo porto a casa e lo metto al centro, a disposizione di una nuova storia, che può essere un nuovo soggetto politico, un gruppo di identità e sensibilità diverse, ma che abbia chiaro il suo orizzonte: portare fuori la Sardegna dalla secca di povertà nella quale siamo verso una società più ricca e più giusta. Mettere insieme chi vuole fare qualcosa per la Sardegna, con un progetto per la Sardegna e a cui non frega nulla degli equilibri nazionali».

Sì, ma il centrosinistra, anzi, il “campo largo”? «Non lo so se divisi si perde. Sì, se abbiamo in mente necessariamente gli schemi del passato. Penso possa essere messo in campo un raggruppamento di tante persone, di tante sensibilità, che in passato hanno votato al centro, per partiti democratici, progressisti, del sardismo diffuso, dell’indipendentismo, dell’europeismo. Una vasta platea, diversa certo dal passato, ma legata da un obiettivo più chiaro, più netto, di chi ha a cuore la Sardegna e con questa vince».

«Siamo qui – ha proseguito Soru – non per dividere ma per unire nell’unico modo possibile, non con la forza dell’arroganza, dell’imposizione di scelte già fatte calate dall’alto. Siamo qui per unire con il dialogo, il confronto, la democrazia, con le scelte condivise. Mi auguro che qualcuno rinsavisca e che provi a mettere a disposizione un di più di pensiero e di ragionamento. Lo dico a quei pezzi di partito che sono rimasti. E non è rimasto il Pd, sono rimasti alcuni dirigenti del Pd. Vorrei sapere dove sono gli elettori: sono lì ad applaudire e a spellarsi le mani per i comportamenti di queste settimane? Credo di no. E allora dico a questo pezzo di centrosinistra che ha scelto di prendere a spinte e imporre, dopo finzioni di mesi di dibattiti che poi sono stati buttati via in un secondo, un candidato presentato e dopo tre minuti accettato per acclamazione… A quel pezzo di centrosinistra che ha evitato il confronto dico che siamo sempre qui, disponibili al confronto, al dialogo e a fare un percorso comune».

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