Festa della Liberazione, la cerimonia a Sassari

Questa mattina in piazza del Comune, dopo l’arrivo del corteo partito dall’Emiciclo. Il discorso del sindaco Nanni Campus

Sassari. Con l’arrivo in piazza del Comune del corteo con gli striscioni dell’Anpi e dei sindacati, ha preso il via questa mattina la tradizionale cerimonia celebrativa della Liberazione dal nazifascismo. Un 25 aprile giornata dedicata ai valori della democrazia e della liberà, riconquistate nel 1945 dopo venti mesi di contrasto con le armi ai nazifascisti da parte dei partigiani e di tutti coloro (compresi i militari che non vollero schierarsi alla Repubblica di Salò e che rimasero fedeli allo Stato legittimo dopo l’8 settembre) che in nome dell’antifascismo e della giustizia combattereno sino alla vittoria. Festa oggi di tutti coloro che si riconoscono nei valori della costituzione, che vogliono onorare coloro che sono morti perché la democrazia è nata dal loro sacrificio.

Dopo i discorsi della prefetta Paola Dessì, del sindaco Nanni Campus, di Thomas Arras, presidente della sezione Anpi “Bastianina Martini Musu” di Sassari, e di Eleonora Poddighe e Marianu Dettori, due giovani sassaresi che hanno partecipato al progetto Promemoria Auschwitz, finanziato anche dal Comune di Sassari e organizzato dall’Arci, sono state sistemate le corone di fiori sotto la lapide “25 aprile 1945” nel cortile di Palazzo Ducale, al suono del silenzio. Hanno partecipato i rappresentanti delle forze dell’ordine e militari, tra cui il generale Giuseppe Bossa, comandante della Brigata Sassari, le associazioni combattentistiche, assessori e consiglieri comunali e altre autorità (tra cui il senatore Ettore Licheri e i consiglieri regionali Gianfranco Ganau, Antonio Piu, Desirè Manca e Gianfranco Satta).

 

Il discorso del sindaco Nanni  Campus

Il sindaco Nanni Campus

Rileggendo le note e gli appunti scritti nei tre anni trascorsi in cui ho avuto l’onore di partecipare con voi a questa celebrazione e ho ritrovato sempre un motivo ricorrente: una giornata di festa. Una festa di tutti, una festa di popolo: è motivo di festa il ricordare la fine di una guerra tragica, combattuta dalla parte sbagliata, è motivo di festa  ricordare la fine di una occupazione armata e violenta da parte di un esercito nemico “Una mattina mi sono alzato e ho trovato l’invasor”,  è motivo di  festa ricordare la fine di una dittatura sfociata in guerra civile, ma soprattutto è motivo di  festa celebrare una nuova coscienza di libertà, conquistata con tanto sacrificio: Morto per la libertà.

E sono tanti i morti che dobbiamo onorare perché è appunto dal loro sacrificio che è nata la nostra democrazia. Militari americani, inglesi, e di tutti gli eserciti alleati, militari italiani, carabinieri, civili, donne e uomini, accomunati nella lotta di liberazione dall’occupazione tedesca e dalla dittatura fascista. Ma se dopo tanti anni, attraversando gravissimi rischi per la tenuta democratica durante i terribili anni di piombo del terrorismo e la stagione delle stragi di mafia, come anche superando cupe crisi di identità nazionale e di perdita del senso civico,  abbiamo comunque continuato a sentirci protetti dalla nostra democrazia, questo può averci indotto a dare per scontati la tenuta dei valori di libertà e di democrazia sia per noi che  per la nostra Europa.

Ci siamo bruscamente risvegliati un anno fa  con una nuova drammatica guerra,  una guerra di aggressione con l’occupazione armata che la Russia sta conducendo brutalmente e disastrosamente nei confronti di un pezzo dell’Europa, di quello che, come ci ha ancora una volta ricordato il Presidente Mattarella,  consideriamo il nostro mondo. Non possiamo non temere chi minaccia il ricorso alle armi  nucleari, non possiamo non temere che uno stato sovrano del cosiddetto mondo civile arrivi ad utilizzare mercenari, supportati militarmente e pagati per conquistare città, uccidere civili indifesi, trucidare bambini e decapitare i prigionieri.  Ed è per questo che oggi,  con ancora più convinzione e sentimento,  dobbiamo  celebrare  con sincera partecipazione , unità e comune senso civico, la ricorrenza della nostra Liberazione. Rafforziamo per primi in noi stessi l’essenza stessa del vivere civile, celebrando quei valori fondamentali conquistati allora  col sangue, e che dobbiamo continuare a tutelare con la ragione e con il cuore, perché non possono essere motivo di contrapposizioni né sviliti a simboli di parte ma rappresentano l’essenza stessa della nostra vita. Li abbiamo ereditati come un dono e come un dono dobbiamo mantenerli vivi per chi verrà dopo di noi.

 

Il saluto della prefetta Paola Dessì

La prefetta Paola Dessì

Celebriamo oggi la ricorrenza della Liberazione, una giornata di festa, la 78°, di particolare risalto nella nostra storia nazionale. Il 25 aprile del 1945, data simbolica, è un giorno straordinario in cui i valori della libertà e della democrazia furono conquistati con sacrifici e sangue, e prevalsero: per questo occorre impegnarsi senza riserve nell’ambito di uno spirito costruttivo, ove il dialogo e il confronto devono rappresentare i cardini basilari di uno sviluppo democratico, per ritrovarsi uniti nei valori della Repubblica.

Anche le conquiste politiche, sociali, culturali, i diritti, la libertà di opinione, di voto, di associazione di cui godiamo oggi, trovano il loro saldo radicamento nel 25 aprile e sono riaffermate nella Costituzione, garantite a tutti, senza eccezioni.

La Festa della Liberazione ribadisce l’importanza dei valori della libertà, dell’uguaglianza, della democrazia e dell’indipendenza, principi fondamentali richiamati nella nostra Costituzione che devono declinarsi nella centralità della dignità della persona, nella giustizia sociale, nel rispetto dell’ambiente, quale parte integrante del nostro vivere quotidiano, nel ripudio della guerra.

È una festa fondante, perché è la festa della lotta all’intolleranza, al razzismo, alla violenza ed alla mancanza di libertà, che guarda e celebra il passato, certamente da non dimenticare, ma da vivere nell’attualità e nella prospettiva del futuro. Dal 1945, infatti, malgrado le profonde trasformazioni economiche e sociali, i grandi progressi compiuti, il mondo è stato ed è tuttora teatro di conflitti nuovamente combattuti, anche a poca distanza da noi, ove vi sono soldati in armi ma anche donne e bambini.

È pertanto ancora imprescindibile, senza se e senza ma, il sostegno al diritto alla pace di tutti i popoli che, contro la loro volontà, subiscono la violenza e l’ingiustizia della guerra.

Ed altrettanto imprescindibile, per celebrare questa Festa, nell’attualità e nella prospettiva del futuro, comunicare ai giovani i valori del 25 aprile, dobbiamo agire per loro. In questa azione, è compito inderogabile delle Istituzioni, del mondo della cultura, delle forze dell’ordine, di tutti e di ciascuno lavorare non solo per mantenere la memoria di ciò che è stato, ma anche per creare consapevolezza, per diffondere la conoscenza, fare memoria per trasmettere i valori di questa giornata e della democrazia. Buona Festa della Liberazione a tutti.

 

L’intervento di Thomas Arras, presidente sezione Anpi “Bastianina Martini Musu” di Sassari

Thomas Arras, presidente dell’Anpi Sassari

Quest’anno da quel 1948 sono 75 anni dall’entrata in vigore della costituzione, un dono che le madri e i padri costituenti ci hanno consegnato e noi abbiamo il dovere di custodirla ed attuarla, perché la costituzione è un regalo impegnativo che ci dà il compito di coltivare ogni giorno la democrazia e l’attuazione di quei valori e principi per cui i partigiani e le partigiane hanno rischiato e in molti casi dato la vita.

Viviamo un tempo difficile, ancora la guerra è presente in più parti del mondo ed anche in Europa a poche migliaia di km dall’Italia.

Proprio in questo periodo è storicamente importante ricordare cosa è stato il fascismo, una dittatura feroce che dopo aver preso il potere grazie all’impotenza e alla connivenza della monarchia ha piegato l’Italia con la violenza e il terrore, un modus operandi che già prima della marcia su Roma imperversava nel paese con le sistematiche irruzioni contro le case del popolo le camere del lavoro ed ai singoli antifascisti. I venti anni di dittatura fascista non sono stati negativi solo per l’Italia, il fascismo italiano infatti insieme all’alleato nazista ha anche aiutato il generale Francisco Franco in Spagna, che scatenando la guerra civile in cui combatterono molti antifascisti italiani con le brigate internazionali in aiuto dei repubblicani, il generale Franco vinse quella carneficina e destituì il legittimo governo repubblicano instaurando una dittatura fascista che durò fino al 1975, e poi le campagne di conquista coloniali e di espansione in Africa e poi più avanti nei Balcani seminando terrore e morte anche in queste terre più o meno lontane. Il luogo comune che comunque gli italiani pure sotto il fascismo fossero italiani brava gente non è storicamente corretto basti ricordare la strage nella città convento di Debra Libanòs nel 1937 in Etiopia in cui furono trucidati più di 2000 persone di cui più della metà erano preti e monaci copti, o l’utilizzo del gas sganciato in modo indiscriminato dall’aviazione sempre in Africa. Anche con le leggi razziali gli italiani furono molto punitivi, infatti un bambino cattolico se aveva i nonni ebrei veniva considerato comunque un giudeo.

La dittatura fascista sono stati i 20 anni più bui della nostra storia, per fortuna i 20 mesi della resistenza di popolo hanno riscattato l’onore dell’Italia intera, i partigiani e le partigiane le staffette e le popolazioni solidali con essi hanno affrontato pericoli immensi che noi non possiamo minimamente immaginare perché per fortuna siamo sempre vissuti nella libertà e nella democrazia. Non possiamo neanche non ricordare i circa 700mila militari che dopo l’8 settembre dissero di no alla repubblica sociale e vennero per questo internati in innumerevoli campi di concentramento, anch’essi hanno riscattato l’onore delle forze armate subendo per questo in molti casi la vendetta dei nazisti, un esempio per tutti il caso Cefalonia.

Per fortuna i partigiani di tutte le estrazioni politiche, comunista, socialista, azionista, monarchica e popolare ed ex soldati componendo il CLN hanno liberato molte città anche prima dell’arrivo degli alleati e in molte parti libere iniziarono a sperimentare finalmente le

prime embrionali forme di democrazia della repubblica che noi fortunatamente viviamo. Ricordare e insegnare cosa è stato il fascismo è importante per le nuove generazioni ma anche per chi è più avanti con gli anni perché il revisionismo e la buonizzazione in salsa maccheronica di ciò che è stato è sempre presente nella nostra società perfino ad alti livelli, impensabile questo dopo 78 anni dal 25 aprile 1945, eppure ancora vediamo questa immaturità democratica figlia di una particolarità tutta italiana causata dal non aver mai veramente fatto i conti con la storia buia di quegli anni, purtroppo a differenza della Germania qui non c’è stata una Norimberga italiana ma ha prevalso la pacificazione nazionale.

Perché, come diceva Giacomo Matteotti poco tempo prima di essere assassinato dalle camicie nere, il fascismo non è un’opinione, è un crimine!

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