Coldiretti Nord Sardegna: la siccità si sta espandendo in tutto il territorio

Sono necessari stato di calamità e interventi infrastrutturali su impianti idrici. Grano, cereali, erbai e foraggi insufficienti per animali e vendite

Continua a essere critica la situazione siccità in Sardegna e continuano ad ampliarsi le zone dell’isola colpite dal fenomeno che sta mettendo già da maggio a dura prova agricoltori e allevatori sardi. Anche il Nord Sardegna deve fare i conti con l’ampliarsi delle zone a rischio che stanno aumentando al pari dei problemi che deve affrontare il mondo agro-pastorale del territorio, diviso tra il crescente ricorso alle irrigazioni, l’approvvigionamento della risorsa idrica con autobotti e acquisto dei foraggi per il bestiame con costi aziendali sempre maggiori. L’allarme arriva in particolare da Nord Est, con l’area tra Loiri, Porto San Paolo, Padru e Alà dei Sardi, tra le più colpite, senza dimenticare la drammatica situazione della Nurra. La siccità, dunque, non risparmia nemmeno il Nord se si eccettuano le aree del comprensorio irriguo del Consorzio di Bonifica, con l’invaso del Liscia che continua a mantenere un buon livello di riempimento. Intento lunedì arrivano già le prime novità sul tema con una delegazione di Coldiretti che sarà ricevuta dal sindaco di Loiri Porto San Paolo, Francesco Lai, per trovare già una strada comune.

«La situazione idrica soprattutto in alcune di queste zone, come ci testimoniano giornalmente i nostri agricoltori e allevatori, è arrivata oltre il limite. Già da tempo e in questi giorni lo abbiamo rilanciato a vari livelli alla politica, abbiamo denunciato questa situazione sempre più insostenibile per il mondo delle campagne che ha bisogno di interventi strutturali importanti che garantiscano a tutte le aree agricole il giusto approvvigionamento di acqua, soprattutto in fasi climatiche come quella attuale – ribadisce Antonello Fois, presidente Coldiretti Nord Sardegna –. Stiamo continuando a condividere questi problemi e le nostre richieste in maniera approfondita sensibilizzando la politica e ci attendiamo da subito risposte concrete». Un messaggio che arriva anche ai Comuni. «Invitiamo anche le istituzioni locali, in primis i nostri sindaci interessati da questa drammatica situazione, a deliberare per lo stato di calamità e rilanciare anche nei tavoli regionali – aggiunge il direttore Coldiretti Nord Sardegna, Ermanno Mazzetti –. I nostri territori hanno bisogno del massimo supporto per fronteggiare questo momento in vista dell’estate dove i problemi si amplificheranno maggiormente».

«Siamo solo a maggio ma i nostri terreni sono già allo stremo con i letti dei fiumi ormai quasi a secco – denuncia Alessandro Ruiu, allevatore e presidente Coldiretti Loiri -. La situazione è grave in tutto il nostro territorio con molte delle nostre aziende che non hanno risorse d’acqua e non sanno più come fare». Stesso problema a Padru dove «già oggi le sorgenti sono quasi prosciugate e di questo passo, a breve, non ci sarà più acqua – continua Gabriele Mandras, allevatore Coldiretti –. Non sappiamo come abbeverare il nostro bestiame e la situazione peggiora di giorno in giorno», aggiunge. Situazione che in tutta la Gallura «è a dir poco disperata – precisa anche Michele Filigheddu, allevatore di bovini –. Tutto l’inverno le calde temperature e i venti alternati freddi e caldi hanno bloccato completamente lo sviluppo delle piante e molti erbai, in particolare di avena che oggi dovrebbero essere alti almeno un metro e mezzo, sono solo di pochi centimetri. Una siccità che però non è finita qui – denuncia ancora –. Le sorgenti sono quasi a secco e gli approvvigionamenti di acqua sono bloccati. Molte aziende stanno ricorrendo all’utilizzo di autobotti per dar da bere agli animali ma non basta – conclude –. Le istituzioni devono richiedere lo stato di calamità naturale, perché non saremo in grado di affrontare i costi onerosi per poter acquistare i foraggi». Non c’è pace nemmeno per il grano. «Oggi dovevamo avere già le piante pronte per la provvista per il pane per tutto il 2024, invece a malapena il grano riesce ad arrivare in altezza a superare le scarpe – spiega Leonardo Muzzu –. Le semine fatte a inizio anno non hanno dato i frutti sperati considerato che lo stato vegetativo della pianta è stato ridotto al massimo – prosegue – le spighe non solo non stanno producendo i quantitativi adeguati per il pane ma nemmeno per produrre il fabbisogno utile ai nostri animali – conclude – le condizioni del grano sono le stesse di tutti i nostri cereali che sono stati piantati in ritardo perché non ha piovuto fino a novembre. La speranza ormai sta lasciando il passo a una dura realtà».

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