Il Santo dei voli a Santa Maria di Bethlem

Restaurato l’altare settecentesco di San Giuseppe. Sabato prossimo la presentazione ufficiale

SantaMariaSassari. Grazie all’intervento di restauro appena concluso dalla Soprintendenza di Sassari, su progetto e direzione lavori di Alma Casula e Pietro Usai e condotto dalla ditta Giorgio Auneddu Mossa di Sassari, all’antico altare della chiesa di Santa Maria di Betlem, conosciuto come quello di “San Giuseppe dei falegnami”, è stato restituito l’antico aspetto che aveva a fine Settecento, quando grazie ad una questua i Francescani lo eressero al loro confratello appena salito agli onori dell’altare: San Giuseppe da Copertino, conosciuto come il Santo dei voli, per via delle frequentissimi voli estatici e salutato come un novello San Francesco.

Si deve principalmente all’interessante mostra Il “santo dei voli”. San Giuseppe da Copertino. Arte, storia, culto, tenutasi in occasione del quarto centenario dalla morte del santo, a Lecce nella chiesa di san Francesco della Scarpa e a Copertino nel Castello dal 18 gennaio al 21 marzo 2004, la nuova attenzione rivolta dagli studiosi alla figura, a suo modo atipica, del santo pugliese di nascita e marchigiano d’elezione (Copertino 1603-Osimo 1663).

AltareSanGiuseppeL’attento esame critico-scientifico condotto in quell’occasione dalla dottoressa Alma Casula permise di scoprire l’antica intitolazione dell’altare e contemporaneamente le originali e interessanti particolarità di alcuni altari lignei policromi di questa chiesa, unici rimasti in Sardegna, dotati di sofisticati meccanismi che permettono di movimentare la tela a saliscendi o a libro con l’intento di nascondere o scoprire, durante le funzioni religiose, la statua del santo titolare collocata nella nicchia retrostante dell’altare.

Alcune testimonianze – spiega Alma Casula – ci tramandano che dopo il crollo del campanile della chiesa avvenuto nel 1826 e la conseguente inagibilità della cappella di Santo Stefano per l’effettuazione dei lavori di ristrutturazione della parte absidale dell’edificio avviati dall’architetto padre Cano tre anni dopo, il Gremio dei Falegnami, rimasto senza cappella, aprì una controversia con i frati, risolta l’anno seguente in seguito al quale venne concessa loro la preesistente cappella di S. Giuseppe da Copertino. In quella occasione si stravolse l’altare barocco dedicato a san Giuseppe da Copertino: i gradini dell’altare e il paliotto originale vennero rigessati e ridipinti nascondendo l’originaria preziosa lavorazione graffita che incorniciava l’immagine originaria di san Giuseppe da Copertino nel medaglione centrale, ora rimessa in luce.

Il grande quadro raffigurante Il Miracolo di Assisi venne rimosso dall’altare, dotato di cornice e collocato in sagrestia. Lo spazio lasciato vuoto dal quadro, che lasciava in vista la retrostante profonda nicchia che aveva ospitato la statua lignea del santo pugliese, fu occupato dal nicchione ligneo di gusto rococò del Gremio dei Falegnami che vi posizionarono la statua lignea del santo titolare, opera di bottega napoletana del XVIII secolo.

Il perduto dipinto che doveva concludere in alto il fastigio, e di cui non conosciamo l’iconografia originaria, fu sostituito con uno nuovo raffigurante S. Giuseppe intento al lavoro nella sua bottega, col piccolo Gesù.

La chiesa di Santa Maria di Betlem si offre come altissimo esempio di profonda devozione per il piccolo, umile Santo dei Voli, infatti oltre al grande altare si conservano, un nicchione con un alto rilievo in stucco, la base di un prezioso calice in argento e, proveniente dalla medesima chiesa ma ora conservato presso la Biblioteca Universitaria cittadina, il testo del discorso celebrativo detto in occasione della canonizzazione di San Giuseppe da Copertino avvenuta il 16 luglio del 1767.

La più antica testimonianza devozionale è costituita dal dipinto ad olio su tela (cm. 225 x 148) che illustra il prodigio del volo estatico compiuto dal santo nella chiesa conventuale di Assisi nel 1646 al cospetto del grande ammiraglio di Castiglia, Juan Enriquez Cabrera, inviato quale ambasciatore di Spagna alla Santa Sede, del suo seguito e di sua moglie, durante il loro viaggio verso Roma.

All’interno di questa grande macchina devozionale, il grande quadro occupava il riquadro centrale e fungeva da sportello alla nicchia retrostante, che ospitava al suo interno la statua lignea del santo, ora perduta. Tale insolita strutturazione movibile del quadro è desumibile con certezza dall’ atto notarile stilato il 31 dicembre 1774 tra i frati della chiesa ed il suo artefice l’escultor y dorador Francisco Usay, nel quale fra l’altro vengono precisate le caratteristiche che avrebbe dovuto presentare l’opera finita e alle quali si sarebbe dovuto attenere l’artefice nel realizzare la particolare struttura dell’altare.

L’artificio del quadro di S. Giuseppe, che poteva essere aperto come la pagina di un libro per lasciare in vista la scultura a tutto tondo del santo, differiva dal sistema presente nell’attiguo altare di S. Antonio, dove un meccanismo più complesso a saliscendi, permetteva ad un quadro su tela di coprire o scoprire la statua del santo titolare inserita nella retrostante nicchia centrale. L’impiego di questo congegno, tuttora esistente, che permetteva al dipinto di scorrere teso, dal basso verso l’alto, entro una sottile e ben dissimulata asola ricavata nello spessore dell’altare, costituisce un interessantissimo stratagemma della devozionalità barocca tesa a sorprendere, suggestionare ed incantare il fedele durante le elaborate liturgie, in cui si poteva velare e ri-velare la statua lignea retrostante, “quasi allo scopo di accendere nel fedele il desiderio di vedere l’invisibile”, la corporeità dell’oggetto di sacra devozione, perché “il mistero diventa più accessibile, se presentato con i mezzi più consoni alla natura umana, che è fatta di anima e di corpo

Sabato 22 marzo alle 18,30 verranno illustrate le interessanti novità scaturite dal restauro e non mancheranno le sorprese legate all’artificio barocco.

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