Un’educazione comune per prevenire la violenza in corsia

Sono oltre 100mila le aggressioni al personale sanitario che non vengono denunciate. Dati che non risparmiano Sassari dove sono in aumento

Il presidente Gianluca Chelo

Sassari. Cinquemila casi all’anno ma oltre 100mila non denunciati, a popolare un mondo sommerso che non deve lasciare indifferenti. Questo il numero delle aggressioni agli operatori sanitari in tutta Italia che vede tra le donne un triste primato (il 75 per cento dei casi). Un dato che non risparmia Sassari dove solo nell’ultimo mese ci sono state svariate aggressioni tra camere e corsie dell’ospedale cittadino. «Strattonamenti, violenze verbali, insulti e minacce sono tristemente diventate parte di una quotidianità complessa – commenta Gianluca Chelo, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Sassari –. Vogliamo tenere alti i riflettori sulla nostra categoria, la più colpita da aggressioni durante lo svolgimento del lavoro».

Modelli organizzativi da ripensare, sovraffollamento dei pronto soccorso, necessità di servizi territoriali più strutturati, come rileva la FNOPI (Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche), sono tra le cause più profonde di reazioni emotive spropositate che hanno conseguenze che non si risolvono solo con bende e cerotti ma che hanno ricadute negative e prolungate, con un più alto rischio di attacchi di panico e burnout e una paura diffusa nella relazione con i pazienti e parenti. I dati confermano: il 10 per cento delle persone coinvolte presenta danni permanenti a livello fisico e psicologico.

«C’è bisogno di una nuova educazione comune – prosegue Chelo – da distribuire equamente a gran parte dell’utenza che vede l’infermiere spesso come front office, e quindi come una sorta di sacco da boxe dove scaricare ansia e frustrazione dovute a disservizi o stati patologici dell’utente o dei loro cari. A questo tipo di violenza non ci stiamo e diciamo basta. Tuteleremo ogni infermiere vittima di violenza e aggressione. Chiediamo inoltre alle istituzioni di farsi carico del problema e supportare l’ordine e i suoi iscritti in questa triste realtà. Come OPI Sassari stiamo lavorando per la creazione, nel secondo semestre del 2023, di percorsi formativi dedicati al rapporto con pazienti e parenti, anche in ottica di gestione, prevenzione e riconoscimento tempestivo di situazioni maggiormente a rischio. Una migliore comunicazione è un primo punto di partenza. Ma serve una ridefinizione dei servizi che porti l’utente ad avere le risposte che cerca, e il professionista a lavorare in serenità».

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