La storia dell’Unione Europea dal 1950 a oggi

È raccontata in un libro da Francesco Fresi, 40 anni nelle istituzioni comunitarie, testimone dei Trattati di Roma nel 1957. L’iniziativa della Fondazione Antonio Segni

Francesco Fresi

Sassari. Negli anni ’50 era un giovane collaboratore di Antonio Segni. Poco dopo fu nominato funzionario della Cee. Francesco Fresi, 94 anni portati con grande lucidità e capacità di analisi, ha vissuto in prima persona per quattro decadi le vicissitudini delle istituzioni comunitarie europee, a cominciare dalla firma dei Trattati di Roma, che nel  1957, al Campidoglio, permisero la nascita della Comunità Europea, fino alla creazione dell’Unione Europea negli anni ’90. Una posizione cruciale la sua, nella stesura di atti e documenti ufficiali legati ad eventi fondamentali per la vita dell’Europa. Ha avuto l’onore di conoscere e frequentare, lui gallurese di Arzachena, laureato in Scienze Politiche a Roma, i protagonisti della politica europea. Quell’esperienza è ora raccontata in un volume di 334 pagine, “L’Unione Europea 1950-2022 Dal Piano Schuman ai tormenti di oggi”, giunto alla terza edizione e pubblicato con il patrocinio della Fondazione Antonio Segni.

Martedì il volume è stato presentato a un pubblico attento e interessato in una gremitissima aula “Virgilio Mura” del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Sassari. Ad ascoltare i ricordi di Fresi tanti docenti universitari, amici di lungo corso e parecchi studenti. Memoria vivente dell’Unione Europea, Francesco Fresi è «uno dei sardi che ha dato di più alla Ue, un’amministrazione nella quale ha creduto fortemente, un pezzo di storia che ci riguarda e che dimostra quanto anche noi sardi siamo un pezzo qualificato di quella storia». Mario Segni, presidente della Fondazione dedicata al padre Antonio, ha così aperto l’evento. Al suo fianco, insieme all’autore del libro, Marco Tarantola, amico di Fresi ed ex direttore della Confindustria sassarese.

Dopo i saluti istituzionali del rettore Gavino Mariotti, e del direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Michele Comenale Pinto, i lavori sono stati introdotti da Silvia Sanna, docente di Diritto dell’Unione Europea e responsabile scientifico del Centro di Documentazione Europea, e da Silvia Angioi, docente di Diritto internazionale. Un volume infatti utilissimo anche agli studenti, che hanno così l’opportunità di leggere come funziona in concreto l’Unione Europea e come si è evoluta negli anni.

Il punto di partenza è la Ceca, la Comunità del Carbone e dell’Acciaio, che all’inizio degli anni ’50 fa riavvicinare, dopo le tragedie della guerra, due nazioni come la Francia, vincitrice, e la Germania, grande sconfitta. I protagonisti di quelle vicende che poi portarono alla firma dei Trattati di Roma furono Monnet, Adenauer e Schuman, mentre Antonio Segni, presidente del Consiglio italiano, accolse nel 1957 a Roma i capi dei governi di quei primi stati che crearono la Comunità Europea: Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Fresi ha raccontato come si svilupparono le prime trattative di ampliamento della Comunità con Grecia, Turchia (non ammessa), Irlanda e Danimarca e quelle, complicatissime, con il Regno Unito. Proprio il Paese britannico è stato sin dal suo ingresso nella Cee, successivamente diventata Ue, una vera e propria spina nel fianco.

La chiave di volta dell’Unione Europea è stata l’ammissione quindi di 21 nuovi paesi che si sono aggiunti a quelli fondatori. Probabilmente, ha spiegato Fresi, con il senno di poi si può dire che andava presa in considerazione anche un’altra strada, in particolare per i paesi dell’est ex sovietici. «Questa alternativa era il regime di associazione che ha funzionato benissimo con la Grecia, che dopo un congruo numero di anni entrò nella Comunità. Non dimentichiamo che era stata ammessa anche la Norvegia che però un referendum interno ne bocciò l’adesione. I paesi dell’est invece sono stati ammessi direttamente alla caduta del sistema sovietico. Questi chiedevano in realtà solo aiuto, in particolare economico e la circolazione delle merci, non l’adesione. Furono gli inglesi a dire che bisognava farli aderire subito».

Fondamentali furono anche le azioni portate avanti da Delors, che hanno fare un salto di qualità con l’Accordo di Schengen e l’Atto Unico Europeo. E l’euro. Restano i limiti. «Manca una politica estera realmente comune. Una difesa comune, per chiarirci, avrebbe impedito le situazioni di oggi, anche in senso preventivo. E poi il diritto di veto mantenuto per tutti: ci sono paesi, concentrati a est, che vogliono solo succhiare il latte della Ue…», ha fatto notare provocatoriamente Fresi.

Tra le idee suggerite per il futuro dell’Europa c’è innanzitutto un nuovo Piano Marshall per l’Africa, «perché se continuiamo così si riverseranno nel nostro continente 50 o anche 100 milioni di persone: questo a cui stiamo assistendo è un vero e proprio spostamento di popolazioni che fuggono da terre che si stanno inaridendo, non banali migrazioni per lavoro». Non ha funzionato il sistema dei fondi elargiti ai singoli stati africani: per metà tornano nelle banche europee e per l’altra metà rimangono ai governi spesso corrotti.

È inoltre necessario ripristinare un dialogo con i cittadini europei «perché il futuro dell’Unione è pieno di incertezze ma anche di speranza, occorre farla conoscere, riconoscerla e accettarla come merita». Bisogna sapere comunicare tutto questo e allora affidarsi a professionisti del settore può essere cruciale. E i giovani: Fresi ha ricordato come nacque il programma Erasmus.

Paolo Fois, professore emerito di Diritto internazionale e di Diritto dell’Unione Europea dell’Università di Sassari, ha tratto le conclusioni. «Il futuro dell’Europa è pieno sì di incertezze ma anche di speranza. Ci sono libri e scritti che insistono su una Ue sull’orlo del baratro. L’Europa ha superato tante difficoltà e con lo stesso metodo seguito nel passato può risolvere i problemi di oggi. Anche il richiamo al ruolo dei giovani che fa Fresi nel suo libro – ha concluso Fois – è una conferma che si ha fiducia nel futuro dell’Europa»

«In questo libro non c’è unicamente il racconto ma anche l’invito a ricordare e a vedere l’Europa non solo come una questione politica – ha detto infine Mario Segni –. L’idea europea è stata un atto di coraggio incredibile, perché nasce in paesi rasi al suolo dopo la guerra. In certe città tedesche, ricordiamolo, non si vedeva non una casa ma neanche un muro in piedi. E invece Francia e Germania lanciarono l’idea di mettere insieme carbone e acciaio. Un coraggio e un ottimismo straordinario. Bisogna allora recuperare un po’ di quello spirito di crociata su cui è stata costruita una delle storie più belle di questi secoli».

L.F.

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