Le interviste/Rosanna Arru (centrodestra)
È la candidata sindaco di “Sassari Progetto Comune”, Forza Italia e Fratelli d’Italia, con il sostegno dell’Udc. «Una città dimenticata e abbandonata. Cambiamo rotta»
Sassari. Rosanna Arru è la candidata sindaco della coalizione di centrodestra, che comprende la civica “Sassari Progetto Comune”, Forza Italia e Fratelli d’Italia. A sostegno c’è anche l’Udc, la cui lista è stata esclusa dalla competizione elettorale per un difetto nella documentazione da allegare, decisione confermata dal Consiglio di Stato una decina di giorni fa. Dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico Agrario “Pellegrini” e dell’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato, 60 anni, è alla sua prima candidatura. «Finora non avevo mai fatto politica attiva, che non vuol dire non avere mai avuto idee politiche», dice subito.
Manca poco al voto, quali sono le sue impressioni su queste settimane di campagna elettorale?
«Prima di tutto…, ho visto un elettorato demoralizzato e sfiduciato. Questo è stato da subito un problema, perché non è facile convincere le persone a ritornare a votare e a fare una scelta per la città. Inizialmente pochi mi conoscevano, poi piano piano, con soddisfazione, ho visto crescere l’interesse nei miei confronti ed anche la curiosità su ciò che vorrei realizzare. Il mio progetto per Sassari era definito nelle linee essenziali. Grazie agli incontri di queste settimane con i cittadini lo stiamo definendo nei dettagli e approfondendo. Stanno venendo fuori urgenze che avvertivo ma che non conoscevo nella loro complessità».
Sassari è in crisi?
«Sì, è in crisi, lo sappiamo. Ma non come l’Italia o l’Europa. Sassari ha la sua crisi, che è diversa, più profonda, e di cui è responsabile l’amministrazione comunale degli ultimi nove anni. È una città dimenticata e abbandonata, culturalmente spenta, senza voglia di intraprendere iniziative. Qualcuno le idee le ha pure, ma non osa perché le procedure sono complicate e la trasparenza assente. Siamo davvero in crisi, dalle strutture al commercio, all’edilizia. Qualsiasi attività in questo momento è in sofferenza».
Centro storico: come interverrete?
«Il futuro di Sassari parte da qui, almeno in gran parte. In questi giorni l’ho visitato spesso. È davvero un ghetto, per chi ci lavora e abita, è tutto tranne che un quartiere dove la realtà multietnica porta all’integrazione. Porta a dividere chi ci vive. Ed ecco perché chi può scappa. Gli extracomunitari avrebbero tutto il diritto a poter uscire da quel ghetto, a mescolarsi agli altri. Allo stato attuale questo non è possibile, perché il centro storico è strutturato in modo tale da negare l’integrazione. Vengono fuori allora le difficoltà economiche e di sicurezza. Il centro storico è insomma l’urgenza delle urgenze».
Come si può intervenire?
«Riqualifichiamolo, defiscalizziamolo, assicuriamo la sorveglianza. Illuminiamolo: ho scoperto che il cambio delle luci è vissuto come uno degli errori più grandi dell’ultima amministrazione, che ha sostituito i vecchi lampioni con nuove luci che si dimostrano insufficienti. Un buio che metaforicamente dura 24 ore. D’altra parte… si potevano rifare i sottoservizi anche a San Donato. E invece si è preferito rifare il look a piazza d’Italia. È come se ci fossimo truccati senza lavarci».
E la Ztl?
«Ha aggravato la situazione. È tagliata talmente male da delimitare il ghetto. Guardavo le fioriere fino al Teatro Civico: dopo è il nulla nell’arredo urbano. La Ztl ha tolto tanto al commercio, è perfino superfluo ricordarlo, ma è anche servita per creare un fossato con la parte bassa del corso. Va rivisitata sicuramente dal punto di vista dell’estensione e del tempo di chiusura, ma anche della stagione e delle strutture. In un’ottica futura si potrebbe arrivare a zone realmente pedonali, adesso è preferibile una Ztl dinamica e più sopportabile per la città, integrata con i flussi del traffico e la viabilità dei quartieri limitrofi. Tutto concorre».
Sassari è una città a misura di famiglia?
«Assolutamente no. Quando si parla di famiglie, pensiamo ai bambini al parco, a scuole ben gestite come manutenzioni, asili nido, alle persone anziane. Non ci sono stati interventi che siano riusciti a risolvere queste situazioni. Abbiamo segnalazioni di famiglie che si lamentano della mancanza di spazi verdi. Non ne abbiamo a sufficienza. Anche l’aiuola a volte, con una panchina, dà respiro e trasmette tranquillità, più di una fontana, anzi, di una vasca-fontana (il riferimento è a largo Brigata Sassari, ndr)».
I giovani?
«Sono stati dimenticati. Mancano spazi di aggregazione, impianti sportivi e tanto altro. Solo l’altro giorno una mamma mi ha chiesto se fosse possibile utilizzare il campetto della scuola per il figlio che gioca in squadre rionali. Per non parlare della dispersione scolastica, che è gravissima: anche questo è un termometro del disagio. O il mancato aiuto in quelle situazioni in cui sono presenti anche alcol e gioco. Mancano risposte, ed ecco allora episodi di teppismo e di bullismo».
Non ci sono punti di riferimento?
«Direi che i punti di aggregazione sono ancora oggi le parrocchie, che continuano a svolgere una funzione di supplenza rispetto alle strutture pubbliche. L’ho proprio verificato. Il tessuto sociale non si è disgregato grazie alla loro presenza. Io punterei l’attenzione sui singoli quartieri. Ciascuno di loro mi ha presentato una sorta di elenco di necessità. Diamo segnali al più presto, io di dialogo ed i cittadini di credito nei confronti dell’Amministrazione che li ha delusi».
In caso di ballottaggio che farete?
«Dico questo: mi sembra che abbiamo tutti dei programmi affini e in alcuni punti chiaramente vicini. Rimangono ovviamente delle differenze, che sono soprattutto nel metodo. Non mi posso impegnare con chi ha come modo di agire quello di promettere ciò che non ha fatto in nove anni. Come non mi posso fidare chi ha un difetto di democrazia, perché pensare che tutto passi attraverso sondaggi online o curriculum per scegliere chi deve amministrare la città non mi convince. Spero comunque che il ballottaggio ci sia e di esserci io».
Luca Foddai
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