“Pagliacci” in piazza d’Italia, una versione da antologia della lirica
Ottima versione del capolavoro di Leoncavallo. Il tenore Luciano Ganci ha proposto un bel Canio della tradizione

Sassari. Una esecuzione di “Pagliacci” da antologia, da affidare a una versione in bluray o alle piattaforme in streaming specializzate in musica classica. Venerdì sera l’Ente Concerti “de Carolis” ha garantito uno spettacolo di alto livello. Peccato allora per chi non c’era. Niente scuse, era tutto gratuito: l’opera, oltre che nei posti assegnati (sempre gratuitamente) al botteghino del Comunale nelle scorse settimane e agli abbonati della stagione sinfonica di maggio, poteva essere seguita senza problemi in ogni punto di piazza d’Italia, anche grazie all’amplificazione audio. Il capolavoro di Ruggero Leoncavallo, uno dei titoli più famosi del melodramma italiano, è di per sé garanzia di successo. E se a una bella esecuzione si affianca una convincente messa in scena il più è fatto. Il palcoscenico allestito sulla scalinata del Palazzo della Provincia è stato sufficiente ad accogliere una scenografia, seppure ridotta all’osso. Immediatamente sotto, è stata posizionata l’orchestra dell’Ente. Alla fine, applausi che sapevano soprattutto di complimenti per l’idea di portare la grande musica non in una piazza qualsiasi della città (ci sono precedenti, ancora nella memoria di diversi melomani sassaresi), ma in piazza d’Italia, un evento storico questo.
L’opera “Pagliacci” fu rappresentata per la prima volta al Teatro dal Verme di Milano nel 1892, con la direzione di Arturo Toscanini, registrando un immediato successo. “Vesti la giubba”, più conosciuta come “Ridi pagliaccio”, è l’aria più famosa dell’opera, diventando da subito uno dei brani lirici più eseguiti. Fu anche la prima registrazione ad avere superato il milione di copie vendute, nell’interpretazione di Enrico Caruso, oggi ritenuta un po’ superata, ma che all’epoca battè ogni record. “Pagliacci” è spesso eseguita in coppia con “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni, che risale allo stesso periodo, per la durata ridotta delle due opere. Entrambe rappresentano l’apice della produzione musicale cantata del periodo verista. Leoncavallo in “Pagliacci”, l’unico suo titolo rimasto in repertorio (destino simile a quello di Mascagni con “Cavalleria”), mette in risalto una vicenda dura e passionale, che si chiude, come “Cavalleria”, con un omicidio, in questo caso un femminicidio per gelosia. Bella l’idea del Prologo, che introduce la storia risolvendosi in un efficace manifesto del verismo letterario. Il libretto fu scritto dallo stesso Leoncavallo, in questo riprendendo quando faceva Wagner, che curava partitura e testo dei suoi capolavori. Ed eco wagneriane sono infatti presenti nelle melodie e nell’orchestrazione di “Pagliacci”.
La regia del sassarese Alberto Gazale, baritono apprezzato a livello internazionale e dallo scorso gennaio direttore artistico del “de Carolis”, ha rispettato la tradizione pur spostando (rispetto alla prima del 1892) l’ambientazione di qualche decennio nel Novecento, garantendo una bella resa anche visiva del capolavoro di Leoncavallo, con l’inserimento di giocolieri e saltimbanchi. In più i personaggi che si muovono in platea. Nuovo l’allestimento dell’Ente Concerti. Le scene, coloratissime, erano di Antonella Conte e i costumi, davvero appropriati anche se essenziali, di Luisella Pintus. Il disegno luci era di Tony Grandi, una garanzia. Emilio Sonnu ha progettato l’allestimento e le strutture, mentre l’apparato fonico e la presa dell’audio con la diffusione in piazza erano di Alberto Erre. Assistenza alla regia di Siria Colella e assistente scenografo Mattia Enna.
Superlativo, e questo va detto, il cast vocale. Canio era Luciano Ganci, bella voce e grande interpretazione, uno dei tenori più richiesti della sua generazione, mentre Nedda era Angela Nisi, soprano che spazia dal repertorio prettamente lirico a quello da camera. Tonio era il bravo Marco Caria, baritono ormai di casa a Sassari, dopo l’ottima prova in “La traviata” dello scorso dicembre e nella recentissima “Cavalleria Rusticana” in giugno, entrambe al Comunale. Suo anche, come da prassi, il ruolo del Prologo. Murat Can Guvem era Peppe, Gabriele Nani Silvio. E poi Fabrizio Mangatia (primo contadino) e Claudio Deledda (secondo contadino). Un particolare da mettere in evidenza: è stato Tonio (da prassi, e non Canio come in originale) a chiudere l’opera con la frase “La commedia è finita!”. Un’espressione beffarda che nella versione di venerdì è però sembrata eccessivamente calcata nella risata di chiusura.
Buona l’esecuzione dell’orchestra dell’Ente, diretta da un veterano della lirica come Sergio Oliva, specialista nella tradizione di secondo Ottocento all’Opera di Roma e che da tempo collabora con Gazale: a Sassari aveva già diretto il concerto-recital del 2020. Bene anche il coro del “de Carolis” preparato da Antonio Costa e il coro delle voci bianche della Corale Canepa con la direzione di Salvatore Rizzu.
Luca Foddai