Grazianeddu, simbolo negativo di una Sardegna da dimenticare
L’ex primula rossa del banditismo sardo soprattutto negli anni ’60 era perfino diventato un idolo per tanti. Il film “Barbagia” di Carlo Lizzani con Terence Hill

La notizia è arrivata sabato mattina: Graziano Mesina è morto. L’ex primula rossa del banditismo sardo era malato oncologico terminale e solo il giorno prima, venerdì, considerate le sue condizioni, era stato deciso di restituirgli la libertà (era ricoverato all’ospedale San Paolo a Milano, lì trasferito dal carcere di Opera) per gli ultimi giorni della sua esistenza. Già ci si stava confrontando su un rientro in Sardegna. Ma non c’è stato il tempo.
Al di là dell’umana pietà che non si può negare a chiunque al momento della morte, va subito detto che Mesina è stato un simbolo puramente negativo. Anche in quella “società del malessere” alla quale un grande giornalista come Peppino Fiori ha dedicato analisi memorabili, era pur sempre un criminale. È vero, era stato protagonista di episodi clamorosi e fughe epiche (recordman anche di evasioni: ben dieci su un totale di 22 tentativi), che gli fecero ottenere anche una certa simpatia, da alcuni anche politica. Perché il criminale spesso produce questo effetto, tanto che di lui si occupò perfino il cinema. Come non ricordare un bel film del 1968 (uscito al cinema l’anno successivo) come “Barbagia – La società del malessere” di Carlo Lizzani, con Terence Hill nella parte di Graziano Cassitta (non si utilizzò il cognome Mesina) e Aldo Caponi, in arte Don Backy, in quella dello spagnolo Miguel Atienza. Lo stesso Mario Girotti, da poco diventato Terence Hill, in una intervista rilasciata alla Rai durante la lavorazione del film girato a Sassari (mitica la fuga dal carcere di San Sebastiano, in particolare dall’infermeria, nella finzione cinematografica l’Ospedale civile di piazza Fiume) precisava che la sua interpretazione non voleva indulgere su fatti di cronaca o addirittura giustificarli, seppure ci fosse una particolare attenzione alla ricostruzione del modo di pensare e del contesto ambientale. Ecco, Mesina non è stato per niente un Robin Hood sardo. Probabilmente lui stesso era però consapevole di essere diventato, suo malgrado, un personaggio. Si racconta che, da latitante, andasse a seguire le partite del Cagliari di Gigi Riva. Addirittura, incontrò lo stesso Rombo di tuono (in macchina, pare, e Riva non lo negò) per convincerlo a non lasciare la Sardegna per un ricco club del nord Italia. Pericolo senza fondamento perché Riva si sentiva più sardo degli stessi sardi e non abbandonò mai l’Isola diventata la sua casa.
Mesina mito? Parola grossa, perché non lo è mai stato. Era sicuramente molto abile, anche nei rapporti con le forze dell’ordine, per esempio. Non va dimenticato il suo ruolo di (presunto) mediatore mai del tutto chiarito nella liberazione di Farouk Kassam, all’inizio degli anni ’90.
Fu il presidente Ciampi nel 2004 a concedergli la grazia su richiesta dello stesso Grazianeddu, va sottolineato. E quello che sembrava diventato ormai un imbolsito e ingrassato ex criminale ritornò a Orgosolo, a cui era rimasto profondamente legato (non va tralasciato il particolare che le donne furono importantissime nella sua vita, la mamma innanzitutto). Si diceva che fosse diventato una guida turistica. Inoltre, la ribalta mediatica era rimasta intatta, tv e giornali continuavano a parlare di lui. Ma il percorso del crimine riprese di lì a poco: traffico internazionale di droga, progetti di furti e rapine (ma anche pianificazione di nuovi sequestri di persona, secondo gli inquirenti). La condanna a 24 anni, diventata definitiva nel 2020, lo portò alla decisione di ritornare latitante a quasi 80 anni suonati. Rimase alla macchia anche nei mesi dell’emergenza covid, nascosto per poco più di anno fino alla resa a Desulo.
Temeva di morire in carcere, da sempre il suo incubo, dove ha passato 47 dei suoi 83 anni (non è però un record: Vallanzasca, per esempio, è in galera da 52), tanti, probabilmente troppi. Ma adesso, suvvia, non facciamone un martire o perfino un eroe. Un bandito era e tale rimane.









