Il generale Scopigno: In Afghanistan per dialogare c’era la Sardegna
Bilanci della missione Isaf della Brigata Sassari. Convegno all’Università sulle attività di genere. Proposta la laurea ad Honorem a Maria Bashir, prima donna procuratore generale del Distretto Giudiziario di Herat
Sassari. Il primo saluto è in una delle lingue afgane. «Ma mi devo resettare sul “saludu e trigu” sardo!». Scherza il generale Manlio Scopigno, comandante della Brigata Sassari e, fino allo scorso 23 agosto, anche del contingente Isaf di stanza a Herat. Ritornati in Sardegna da pochi giorni è ancora forte il legame con l’Afghanistan. Ma adesso è tempo del ragionamento nonché di bilanci. La prima occasione è stata mercoledì mattina nell’Aula Magna dell’Università in occasione del convegno “Le attività di genere in Afghanistan, nuovi approcci e nuove prospettive”, promosso dall’Ateneo sassarese insieme alla Brigata Sassari sull’importantissimo compito affidato alle politiche di genere nel processo di avanzamento della democrazia e il ruolo che hanno avuto le donne durante l’ultima tornata elettorale in Afghanistan.

«In Afghanistan abbiamo svolto tre compiti. Innanzitutto quello che si chiama “Train advise system”, ovvero fornire alle forze di sicurezza afgane gli strumenti per garantire la sicurezza sul territorio. Poi la nostra sicurezza e anche quella dell’università locale. Il terzo compito era il più gravoso, fare rientrare in Italia mezzi e materiali ancora in Afghanistan che non aveva senso tenere li. Si tratta di uno sforzo logistico onore che trova precedenti solo nella Seconda Guerra Mondiale, 9,5 km lineari di materiali da caricare se messi in file uno dietro l’altro», ha spiegato il generale Scopigno. «Al 23 agosto, quando ce ne siamo andati, ce ne erano ancora circa 5mila. L’altra brigata che ci ha sostituito rimarrà fino al 31 dicembre e ne avrà ancora 3mila. Quando siamo arrivati la mia prima preoccupazione era affrontare le elezioni presidenziali. Non erano le prime ma negli altri casi è stato fatto tutto da Isaf. Stavolta era compito unicamente delle forze afgane garantire la sicurezza». La presenza dei militari, e della Brigata Sassari in particolare, ha permesso di costruire un ponte, di dialogo e di collaborazione con gli abitanti. «Il messaggio è passato ed il ponte è stato costruito grazie alla sardità ed alle istituzioni sarde. Perché è stata la Sardegna che è andata lì a colloquiare con le culture locali», ha aggiunto Scopigno. «Sulle politiche di genere il compito era difficile. Si trattava di andare a trovare le personalità chiave maschili e femminili e fornire loro strumenti per attuare queste politiche».

Al convegno sono inoltre intervenuti il rettore Attilio Mastino, il direttore generale della Asl di Sassari Marcello Giannico, il caporale maggiore scelto della Brigata Sassari Laura Orani con una relazione, basata sulla propria esperienza personale, intitolata “Le attività di genere in Afghanistan: nuovi approcci e nuove prospettive”, la delegata del rettore per le Pari opportunità e studi di genere Eugenia Tognotti che ha affrontato affronterà il tema “Dall’Italia all’Afghanistan per i diritti delle donne per una mobilitazione della società civile”, la presidente provinciale Unicef Silvana Pinna sui “Progetti dell’Unicef a favore delle bambine in Afghanistan” e Giovanni Cocco, dottore di ricerca in Relazioni internazionali, su “Il ruolo delle donne nei processi di democratizzazione di uno Stato”.
Il rettore Mastino ha ricordato le iniziative promosse insieme all’Ateneo negli ultimi anni d’intesa con la Brigata Sassari in occasione delle precedenti missioni in Afghanistan. Ma anche il recente viaggio (lo scorso maggio) nel paese asiatico di una delegazione dell’Università, «un evento intenso e fortemente voluto dall’amico e collega Sergio Vacca che è stato la vera anima del progetto».
«Nella base di Camp Arena sede del Regional Command West – ha ricordato Mastino –, ho potuto apprezzare insieme ai colleghi della delegazione Prof. Roberto Scotti, Prof.ssa Chiara Rosnati e il Dott. Giovanni Cocco lo spiccato senso del dovere, la grande umanità e professionalità dei nostri soldati e insieme abbiamo iniziato a conoscere la complessità di un paese che ci ha accolto con simpatia. Il primo maggio, festa del lavoro, ci siamo mossi con due mezzi civili verso l’Università di Herat per suggellare con una cerimonia solenne la fine del percorso di studi dei dottori Alam Ghoryar e Abdullah Halim i quali hanno conseguito il titolo di Dottore di ricerca in “Scienze e biotecnologie dei Sistemi Agrari e Forestali e delle produzioni alimentari”. I due studiosi afgani dopo aver frequentato in Italia, a Sassari e Nuoro la scuola di dottorato hanno completato i loro studi ed abbiamo potuto constatare con gli occhi quanto il loro lavoro sia ora apprezzato nella terra di provenienza. Ricordo un clima disteso ma allo stesso tempo solenne e, credo di poter parlare anche per conto degli altri colleghi della delegazione, dicendo che nessuno di noi ebbe la piena consapevolezza che in quei momenti si stava costruendo un piccolo ma significativo passo verso per l’avanzamento culturale politico e sociale dell’Afghanistan. Mi piace ricordare la passione carismatica con cui il generale Scopigno si è rivolto ai giovani afghani invitandoli a guardare con fiducia al futuro del proprio paese. Li ha invitati energicamente ad ampliare le proprie vedute valorizzando la propria cultura ma allo stesso tempo aprendo la mente a nuove prospettive di vita. Ha ricordato la dignità di tutte le culture, il superamento del cliché del rapporto tra culture egemoni e culture subalterne, sul quale la mia generazione si è formata. E sono proprio i giovani e tra essi le donne ad avere un ruolo determinante nel processo di creazione dello Stato Afgano, nella sua complessità, tra Pashtun e Hazara, Tagiki, Aimak, Baluchi, Dardi, Nuristani, Persiani, Turkmeni».
Il rettore ha inoltre annunciato che il Consiglio del Dipartimento di Architettura, design e urbanistica, su richiesta del professor Sergio Vacca e del direttore Arnaldo Cecchini, ha proposto di conferire la laurea ad Honorem a Maria Bashir, procuratore generale del Distretto Giudiziario di Herat e prima donna a ricoprire quell’incarico in Afghanistan. Il Senato Accademico ha già approvato la richiesta di conferimento della laurea: manca solo il benestare ministeriale. «La Brigata Sassari ha portato a termine una missione impegnativa con apprezzamento di tutti. Voglio esprimere l’emozione forte, la simpatia, il legame che ci unisce ai militari che abbiamo visto all’opera, in un progetto di cooperazione civile e militare, nell’impegno di stabilizzare una situazione difficile e di combattere il terrorismo causato dai nemici dell’Afganistan con le armi della pace e della cultura», ha concluso Mastino, che ha ricordato che ad Herat era presente nella cappella del contingente l’effige della Madonna del Buon Cammino, la patrona del Gremio dei Viandanti.
«Il rapporto di collaborazione con la Brigata Sassari risale all’inizio del 2014, con il progetto finalizzato a formare personale che andava in missione in Afghanistan. Ho scoperto come si prepara una missione militare di pace, nella quale non ci sono le armi al centro dell’attenzione», ha detto il direttore generale della Asl Marcello Giannico. «Collaborazione con le altre istituzioni è importante anche sul versante degli strumenti della psicologia. Quando sono arrivato alla guida della Asl ho notato che non c’era un filo conduttore nel settore della psicologia ospedaliera. Nell’azienda sanitaria non c’è un solo medico formato sulla comunicazione delle “bad news”, ovvero su come comunicare la morte di un parente deceduto».
Le conclusioni del convegno sono state affidate a Sergio Vacca, professore associato in Pedologia, coordinatore del progetto di collaborazione tra l’Università e la Brigata Sassari.







