Argentiera, esposto del M5S alla Corte dei Conti

Dal 2006 effettuati lavori che riguardano progetti finanziati per otto milioni di euro. Ma le strutture ripristinate sarebbero già in stato di abbandono

 

 

ConfstampaM5SArgentieraSassari. Un esposto su quanto è accaduto negli ultimi anni nella borgata dell’Argentiera. Nei prossimi giorni sarà depositato presso la Corte di Conti di Cagliari ma il contenuto è stato illustrato alla stampa martedì pomeriggio a Palazzo Ducale dai consiglieri comunali del Movimento Cinque Stelle, Maurilio Murru, Giuseppe Mascia, Desirè Manca e Sofia Fiorillo, e dal legale che ha curato la stesura del testo, l’avvocato Giorgio Spanedda. «Con questo esposto segniamo un cambio di passo in Consiglio comunale. Documenti alla mano porteremo all’attenzione dei cittadini situazioni su cui chiediamo chiarimenti. Nel caso specifico ci sono in ballo circa otto milioni di euro. Per noi è un obbligo tenere alta l’attenzione sull’Argentiera, che costituisce una grande occasione di sviluppo», ha spiegato il capogruppo Murru. «L’esposto è il frutto di studi e sopralluoghi che portiamo avanti da mesi. Tanti cittadini ci hanno chiesto di occuparci della borgata. A loro vogliamo rendere merito».

«È in effetti una situazione molto particolare. Possibile che sia stata una certificazione di fine lavori e la situazione del Pozzo Podestà è quella che vediamo tutti? A nessuno è mai venuto il dubbio: forse c’è qualcosa di strano…», ha aggiunto l’avvocato Spanedda.

BorgoArgentiera1È nel 1971, oltre quindi 40 anni fa, che si pone l’esigenza di un recupero delle strutture e della bonifica del territorio. Ma è solo nel 2004 che partono i primi due interventi. La Giunta guidata dall’allora sindaco Nanni Campus approva un progetto che prevede due distinti interventi. Uno è il recupero della laveria della miniera per 4 milioni e 53mila euro di finanziamento; l’altro è il recupero del complesso minerario e del percorsi storico-culturali per un totale di 3 milioni e 654mila euro. Delibera poi confermata nel 2006 dalla Giunta Ganau, che individuava la Regione come soggetto finanziatore grazie al Por Sardegna 2000/2006 nell’ambito del Pit SS01 (fondi comunitari), con il Comune di Sassari cofinanziatore per una quota minima. C’è però un problema: i beni destinatari degli interventi sono di proprietà dell’Argentiera Spa, società che ha sede a Roma. Nel 2007 Palazzo Ducale concede a quest’ultima l’autorizzazione al recupero degli immobili di sua proprietà nell’ambito delle volumetrie esistenti. Per contro l’Argentiera Spa si impegna a trasferire gratuitamente al Comune la proprietà della laveria della miniera, le due officine adiacenti la laveria, il Pozzo Podestà e le strade interessate.

Gli interventi sono quindi tre: il recupero del complesso minerario e dei percorsi storici e culturali; la realizzazione del Museo della miniera, con il restauro della “laveria” e la bonifica e la sistemazione delle aree limitrofe; infine gli interventi di bonifica, messa in sicurezza e recupero ambientale del sito ex estrattivo minerario dell’Argentiera. Nel gennaio 2012 per il Pozzo Podestà una commissione di tecnici del Comune emette il certificato di collaudo che stabilisce la corretta esecuzione dei lavori. Gli altri due interventi invece non sono stati riconsegnati o completati (il recupero ambientale sul retro di spiagge ed arenile doveva concludersi nel giugno scorso). Nell’esposto si aggiunge poi che ci sono gravi inadempienze sui controlli dei lavori completati: al Pozzo Podesta manca la prevenzione di accesso per chiunque. L’Argentiera Spa inoltre lamenta che il Comune non abbia adempiuto all’accordo stipulato e conseguentemente avrebbe inoltrato una domanda di risarcimento di 30 milioni di euro.

Oggi, riporta l’esposto, gli interventi ultimati nel 2011 e nel 2012 sono in grave degrado, gli immobili sono abbandonati e altri lavori non sono qualificanti per gli immobili da ristrutturare. «Finora sono stati spesi più di otto milioni di euro, distribuiti in tanti anni ma senza una reale conclusione dei lavori ed un reale utilizzo delle strutture. La responsabilità è soprattutto del Comune», è la conclusione dell’avvocato Spanedda.

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