Le collezioni microbiche patrimonio al servizio della transizione ecologica
Chiuso il ciclo di eventi che hanno celebrato i 60 anni dalla fondazione dell’Istituto di Microbiologia del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari
Sassari. Si è chiusa ieri la settimana di celebrazioni per il 60° anniversario della fondazione dell’Istituto di Microbiologia del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. Nell’Aula magna “Barbieri”, al convegno sul tema “Le collezioni microbiche: un patrimonio di biodiversità al servizio della transizione ecologica”, hanno preso parte l’assessore regionale dell’Agricoltura Gian Franco Satta, il rettore dell’Università di Sassari Gavino Mariotti, il sindaco di Sassari Giuseppe Mascia e il direttore del Dipartimento di Agraria Ignazio Floris, insieme con la docente di Microbiologia Agraria Marilena Budroni, coordinatrice scientifica della Collezione MBDS-UNISSCC e organizzatrice delle iniziative celebrative.
Una mattinata dedicata alle collezioni microbiche, patrimonio dell’invisibile reso visibile, patrimonio inestimabile a disposizione della ricerca scientifica, medica, farmacologica, agroalimentare, come sottolineato dai relatori Cristina Varese, docente dell’Università di Torino, Carlo Viti, docente dell’Università di Firenze, e da Quirico Migheli e Luca Ruiu, docenti del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari.
Studenti e docenti hanno occupato tutti i 150 posti disponibili dell’Aula magna Barbieri, accogliendo con entusiasmo l’invito a prendere parte a una giornata di studi che è stata soprattutto un omaggio all’eredità del passato e all’impegno a portarla a nuovi fruttuosi risultati futuri.
Risultati al servizio delle nuove generazioni di ricercatori ma, anche, al servizio dell’intera comunità e di un territorio qual è quello della Sardegna, ricco di biodiversità, come sottolineato coralmente anche dal rettore, dal sindaco e dall’assessore regionale dell’Agricoltura con il richiamo alla necessità di sviluppare interconnessioni tra ricerca, didattica e territorio accompagnate da investimenti necessari a valorizzare la didattica e a incrementare l’occupazione delle professionalità di eccellenza che a questo scopo lavorano e lavoreranno. Un compito questo, chiaramente demandato all’università e alla politica, chiamate a pianificare in modo multidisciplinare per affrontare con competenza e preparazione le sfide non più rinviabili imposte dalle esigenze sanitarie legate alle attività agropastorali dell’isola, dai cambiamenti climatici e dal percorso di transizione ecologica.
Ampio spazio è stato dedicato alle testimonianze sugli uomini che hanno dato vita a fatto crescere con immenso prestigio scientifico l’Istituto di Microbiologia Agraria dell’Università di Sassari. A partire dal toccante ricordo portato da Benedetta Capriotti, figlia del fondatore dell’Istituto, Augusto Capriotti, pioniere della microbiologia agraria che ha lasciato in eredità un inestimabile patrimonio scientifico e di valori umani.
E poi chi lo ha succeduto alla guida dell’Istituto, i professori Fabrizio Fatichenti ed Enrico Berardi, ricordati da Antonio Farris e da Ilaria Mannazzu.
«Pensiamo che le collezioni microbiche siano uno strumento di ricerca fondamentale soprattutto in tempi di cambiamenti climatici, di inquinamento di problemi ambientali epocali come questi che stiamo vivendo – ha detto Marilena Budroni –. La mostra che abbiamo inaugurato nei giorni scorsi al palazzo del Rettorato in piazza Università è l’omaggio di questo Istituto alla città e lavoreremo perché diventi il primo nucleo permanente di trasferimento dei risultati scientifici al di fuori del contesto accademico, uno spazio aperto alla città in cui non si parli solo di scienza ma anche dei riflessi dei risultati ottenuti sulla vita di tutti. Ciò che più ci piace del lavoro che abbiamo fatto – ha aggiunto – è che la storia che abbiamo sentito oggi, le storie delle persone che questa storia l’hanno fatta, non rappresenta il passato ma rimane con noi e ci dà forza, volontà ed entusiasmo per affrontare il futuro. Siamo qua anche per grandissima gratitudine nei confronti delle persone che hanno lavorato in questi 60 anni dell’Istituto, nei confronti di persone visionarie, di ricercatori che per arrivare ai risultati hanno saputo sognare, oltre che pensare e ipotizzare. Questa è la storia che vogliamo tenere con noi e condividere per andare avanti».