Le interviste/ Cristiano Sabino (Fiu)

Il candidato sindaco di Sassari proposto dal Fronte Indipendentista Unidu presenta le sue idee. «Viviamo in una città ancora completamente immersa negli anni ’80. Basta con il partito piovra»

CristianoSabino3Sassari. Cristiano Sabino è il candidato sindaco di Sassari per il Fronte Indipendentista Unidu. L’intervista è stata realizzata nella sede di via Cetti, in pieno centro storico.

Innanzitutto una breve presentazione.
«Sono nato a Sassari il 24 dicembre del 1979. Sono laureato in filosofia e ho un dottorato di ricerca alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Sono un precario della scuola perché ho scelto di insegnare. Avevo la possibilità di rimanere fuori, ma ho preferito rientrare, pagando il prezzo del precariato pur di restare qua».

Come nasce la tua candidatura?
«Nasce dal fatto che il Fiu di Sassari ha deciso di mettere la faccia anche in queste elezioni comunali e di continuare il percorso intrapreso già alle regionali. È un discorso politico e non elettorale, ma gli appuntamenti con le urne sono buone occasioni per tirare fuori i nostri temi forti. Abbiamo indetto un’assemblea pubblica in piazza Tola, decidendo insieme le linee generali del programma, i candidati ed è stato eletto il candidato sindaco, che è un po’ il megafono di questo progetto. Tra l’altro il mio è stato l’unico voto contrario: ho votato contro me stesso! Ho una bella squadra che mi sostiene e penso che stiamo facendo una buona campagna elettorale».

Sei il candidato sindaco più giovane e, come hai detto, sei un precario del mondo della scuola. Cominciamo a parlare di lavoro che non c’è.
«La questione è semplice come analisi. Il lavoro sta diventando di per sé precario, almeno per la mia generazione, come per quelle che verranno per le quali la situazione andrà a peggiorare. Questa è una condizione alla fine anche esistenziale: non posso ottenere un mutuo, non posso prendere una casa, non posso fare progetti. Parlo per le competenze che avrò da sindaco, buone ma non totalizzanti: un primo cittadino ha sopra di sé le leggi regionali, statali ed europee. Può fare altre cose. A cominciare dallo stabilizzare i precari del Comune. Con bilanci da 200 milioni di euro sono state date altre priorità, dai famosi fuochi d’artificio di Ganau alle molte rotonde, che vanno bene ma forse qualcuna in meno e qualche posto di lavoro in più sarebbe stato un atto di utilità sociale. Diciamocela tutta, questi lavoratori sono utili alla collettività: se ci fossero più giardinieri e più operai del Comune, stabili con le loro professionalità, probabilmente questa sarebbe un città più bella senza piante infestanti che mangiano gli edifici storici».

E il lavoro giovanile?
«Faremo un osservatorio sul lavoro precario per denunciare quello non pagato. Oggi sta passando l’idea che i lavoratori precari siano comunque dei privilegiati. Con una nuova forma di schiavismo, quella del lavoro non pagato, con tirocini e prove, che diventano sistema. Non ricevo nessun compenso, perché, sulla carta, devo imparare, intanto però creo reddito non per me ma per chi mi “assume”. Sui precari della scuola un sindaco non può intervenire perché non è di sua competenza. Qualcosa si può però comunque fare: per esempio sulle manutenzioni degli edifici scolastici – ci sono scuole pericolanti o con l’amianto – e creando un ponte forte con il territorio, le attività economiche ed i beni culturali».

E quindi con il centro storico.
«Non solo. Abbiamo un nuraghe a Predda Niedda, abbandonato completamente. Perché lasciarlo così? Sul centro storico occorre fare un ragionamento. Le migliorie di questi ultimi anni sono state sono di facciata. Vicino alla nostra sede di via Cetti ci sono ancora i vecchi manifesti elettorali con cui l’ex sindaco Ganau celebrava in pompa magna il centro commerciale di piazza Tola. Negozi, botteghe e attività mai nate, promesse sbiadite come il manifesto che le prometteva. Noi pensiamo che il centro storico non possa rinascere senza riportare la gente in città, le attività produttive ed economiche che c’erano. Non rinasce con quattro bonsai sradicati o fiorellini una volta all’anno. Occorre riportare la gente in città, le attività, con i produttori, gli artigiani, i km zero, gli ambulanti storici e gli artisti, creando attrattività culturale. Diamo gratuitamente a loro le piazze, vogliamo fare concorrenza ai centri commerciali? Deve essere spietata come sleale è stata la loro proliferazione in questi anni, grazie a leggi firmate da esponenti del partito piovra, da Prodi a Bersani e Monti, che hanno liberalizzato tutto. Ricordiamo che questi grossi imprenditori pagano le tasse altrove e drenano risorse al di fuori».

Però al centro storico, almeno in una parte non certo piccola, i sassaresi non ci sono più.
«È diretta conseguenza di quello che in latino si chiama horror vacui. Quando c’è un vuoto qualcuno o qualcosa lo riempie. Gli immigrati sono cittadini come noi. Ci sono purtroppo sassaresi che speculano su di loro, affittando case pollaio. Tutti si lamentano dei cinesi. Sì, ma comprano locali vuoti, dove c’erano attività oggi chiuse. Noi vogliamo riportare comunque la gente, a cominciare dai sassaresi, al centro storico. Anzi, parliamo di centro. E poi è la città che sta morendo, non solo il centro storico. Le vie ottocentesche non sono centro storico? Anche quelle lo sono e anche quello sta morendo. Come piazza d’Italia».

C’è un colpevole?
«Certo, i partiti italiani, tutti quanti, nessuno escluso, che si sono avvicendati in questi anni ed hanno svolto una funzione di falsa democrazia, con un falso cambiamento che continuano a promettere. Sono loro i responsabili. E viviamo ancora in una città completamente immersa negli anni ’80, fatta di operai che non esistono più o quasi, perché ci sono solo i cassintegrati, e di impiegati. Invece la nostra città, in cui ci sono anche impiegati ed operai, che noi ovviamente difendiamo in quanto lavoratori, dà spazio ad altre posizioni. Dobbiamo proiettarci verso il futuro, il mare, il turismo e la cultura, fattore economico fondamentale. Qualcuno ci accusa di folklorismo, quando proponiamo di cambiare i nomi delle vie del centro storico, riportandoli a quelli originali. Questo invece creerebbe economia, perché sarebbe un’attrazione culturale».

Cos’è il “partito piovra”?
«La piovra ha tentacoli e ventose. Ci hanno detto: accusate gli altri di essere mafiosi. La piovra è un animale nobile, fa il suo… La questione è un’altra. Qui, a Sassari, se non hai la tessera di partito sei escluso da determinati settori, non puoi accedere a programmi, investimenti e altro. Non parlo di un partito in particolare. Certo, negli ultimi anni ha governato il Pd ed è automatica questa associazione, perché il cervello sta lì. Ma mi riferisco a un partito trasversale. È un sistema di gestione. Se non rientri sei fuori».

In caso di ballottaggio, ti rivolgerai agli elettori degli altri schieramenti o darai indicazioni di voto?
«Non mi rivolgo agli elettori in quanto votanti, ma ai cittadini affinché facciano questa rivoluzione insieme a noi. Partendo dalle cose piccole. Non chiedo e non chiederò voti. Chi la pensa come noi ci voti; altrimenti scelga altri. Questo trasversalismo deve finire. Occorre fare scelte nette e chiare. Al ballottaggio con chi? Con la piovra o con chi a parole dice di non essere la piovra? No, non ci sono realtà affini a noi. Il cambiamento siamo noi. Non ci si improvvisa tali solo perché qualcuno viene dal mare dandoti un marchio giovanile e seduttivo. Si realizza negli anni, come abbiamo fatto noi, consumando le suole delle scarpe».

Luca Foddai

© Riproduzione vietata senza autorizzazione

Articoli Correlati

Lascia un commento

Pulsante per tornare all'inizio