Nuova classificazione dei comuni montani, il no della Regione Sardegna
Nell’isola vengono ridotti da 234 a 74. L’assessore degli Enti Locali Francesco Spanedda: «Criteri solo geometrici cancellano territori fragili»

«La richiesta di rinvio del provvedimento sulla nuova classificazione dei Comuni montani, presentato oggi in sede di Conferenza delle Regioni, è una scelta necessaria e responsabile. La Sardegna, insieme ad altre Regioni, esprime un parere contrario e chiede al Governo di rivedere criteri e metodo di un’impostazione che rischia di produrre effetti profondamente ingiusti». Lo dichiara l’assessore regionale degli Enti locali, Finanze e Urbanistica, Francesco Spanedda.
«La proposta di DPCM – spiega l’assessore – riduce drasticamente il numero dei Comuni montani in Sardegna, da 234 a 74. Una contrazione che non restituisce la realtà dei nostri territori e che deriva dall’applicazione di parametri esclusivamente morfologici, incapaci di cogliere le condizioni sociali, economiche, ambientali e infrastrutturali che definiscono lo svantaggio reale delle aree montane e parzialmente montane».
Secondo la Regione Sardegna, il testo presenta criticità nel metodo e nel merito. Sul metodo, Spanedda evidenzia gravi carenze. «I dati – dichiara – sono stati forniti alle Regioni solo nella fase finale e in tempi estremamente ristretti, impedendo una valutazione tecnica approfondita e condivisa».
«Non riteniamo inoltre corretto – aggiunge l’assessore – che i criteri di classificazione siano stati di fatto annunciati prima di un reale confronto politico. In questo modo, la riunione istituzionale rischia di diventare un passaggio meramente ornamentale, svuotando di significato il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni».
Sul merito, la Regione esprime una contrarietà netta: «La montagna non è solo una quota altimetrica: è territorio, comunità, servizi, accessibilità, fragilità strutturali. Ridurre tutto a parametri esclusivamente morfologici è un errore di impostazione. E anche ammettendo, per assurdo, questa riduzione, l’applicazione rigida di tali parametri ai confini amministrativi produce un effetto distorsivo grave: una parte significativa del territorio montano italiano finisce per scomparire dal riconoscimento istituzionale».
«Parlo per una Regione caratterizzata da Comuni di grande estensione territoriale – sottolinea Spanedda –. All’interno di questi Comuni esistono porzioni di territorio che soddisfano pienamente i criteri indicati, criteri sui quali peraltro ci riserviamo ancora di discutere. Tuttavia, proprio perché alcuni sono più estesi di altri, l’applicazione rigida delle soglie fa sì che intere aree montane vengano escluse dal riconoscimento, pur mantenendo inalterate tutte le loro criticità. Quelle aree non cessano di essere fragili: semplicemente diventano invisibili».
L’assessore richiama, infine, le ricadute finanziarie e concrete del provvedimento: «La riduzione dei Comuni montani incide direttamente sulla ripartizione del Fondo FOSMIT e sull’accesso a numerose misure di sostegno, dai servizi essenziali alle politiche per la sanità e l’istruzione nelle aree interne. Senza un incremento delle risorse complessive, la possibilità concessa alle Regioni di intervenire a favore dei Comuni esclusi rischia di tradursi in una mera redistribuzione interna, con un saldo complessivo negativo per la Sardegna».
«Esiste dunque – conclude Spanedda – un vizio strutturale in questa proposta, che non può essere risolto con correttivi parziali o semplici emendamenti. Per queste ragioni abbiamo chiesto il rinvio e l’apertura a un confronto. Non è in gioco solo una questione di risorse, ma il riconoscimento dei territori montani nella loro complessità e la credibilità delle istituzioni nei confronti delle comunità che li abitano».









